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L’ultima partita a carte
Il libro
Certi libri nascono per caso, e sono piccoli miracoli. L’ultima partita a carte è nato da una sfida coraggiosa e apparentemente inaudita che l’autore ha voluto lanciare a se stesso, stimolato da una richiesta della Fondazione Cini: raccontare in modo secco e caldo insieme, in un breve intervento pubblico, quanto aveva narrato distesamente nei libri di tutta una vita, e cioè la sua vicenda di ragazzo nella Seconda guerra mondiale. Lavorando per un lungo periodo su quegli appunti, con uno sguardo ai libri di storia e ai documenti, e un altro sguardo, di natura ben diversa, alla sua personale esperienza di soldato tra i tanti, Rigoni Stern ha scritto uno dei suoi libri piú singolari, un distillato prezioso. In ogni pagina la biografia si fonde con la storia collettiva, per poi disperdersi in rivoli di storie individuali: ed è proprio questo movimento naturale di diastole e di sistole a far pulsare il cuore vivo del racconto, a rendere udibile, per le generazioni lontane da quegli eventi, il battito del tempo.
Nel rievocare l’inizio delle ostilità, la campagna d’Albania, di Russia, l’8 settembre, il Lager – sempre contrapponendo le vuote parole dei bollettini di guerra, dei proclami, dei comunicati ufficiali, alla realtà incandescente del vissuto -, Rigoni Stern non rinuncia mai a raccontare episodi apparentemente marginali, che custodiscono un altro senso della Storia: cinque carote barattate con una penna stilografica d’oro, lo sguardo di un compagno di cordata che precipita, una fossa comune apparsa nel nulla della steppa e poi subito inghiottita dalla neve, un placido laghetto che si prosciuga rivelando il suo carico di morte.
E c’è spazio, come nella vita, per aneddoti quasi comici: le lezioni di buone maniere impartite settimanalmente alla compagnia da un improbabile capitano nobile; il momento in cui, diciassettenne, Rigoni Stern tenta d’arruolarsi in Marina tra il dileggio degli esaminatori che gli chiedono «Ma tu sai nuotare?». Cosí, per sussulti e frammenti, la storia di un uomo e di un’epoca ci viene incontro. «Ero un piccolo uomo, – dice Rigoni Stern, – che tra milioni di altri uomini stava combattendo lontanissimo da casa in una guerra così orribile che mai le stelle videro nel loro esistere. Sentivo solo la grande responsabilità verso i miei compagni che il fato mi aveva portato a guidare; sentivo che il mio corpo era forte, che in Italia ero amato e aspettato. “Sergentmagiù ghe rivarem a baita?” Dovevo tenerli uniti e fare il possibile per riportarli a casa».