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L’ultima lezione
«Un libro singolare, romanzesco nel suo fervore, un'inchiesta-racconto, una narrazione civile», scriveva Corrado Stajano dell'Ultima lezione nel 1992. A rileggerlo oggi, ci si rende conto che questo libro ha fatto scuola.
Il libro
Se la scomparsa dell’economista Federico Caffè rimane uno degli enigmi irrisolti della storia di questo paese, la lezione che ha lasciato sorprende per la sua desolata, illuminante attualità: «Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri, e alla compassione nei confronti della sofferenza umana abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili». Un romanzo-ritratto appassionante e vivo, che ricostruisce con immediatezza e verità il contesto di una vicenda personale avvolta nel mistero, ma anche un pezzo della storia italiana in cui l’economia ha provato a pensare un paese diverso e piú giusto.
Con una nota dell’autore, intitolata L’economista che visse due volte.
«Un uomo che scompare compie un gesto che è dentro di noi, oscuramente, perché tutti abbiamo pensato, almeno una volta, di sparire». Il 15 aprile 1987, Federico Caffè esce di casa all’alba. Di lui non si saprà piú nulla, nonostante le minuziose ricerche di parenti, allievi e amici. Suicidio o ritiro in convento? Ma chi era Federico Caffè? Economista «disubbidiente»; teorico scontroso e problematico di un welfare state senza cedimenti a compromessi e clientele; «seduttore intellettuale» tutto dedito all’insegnamento e alla formazione dei propri allievi, fu il creatore di un laboratorio teorico da cui usciranno uomini capaci di pensare l’economia come sistema razionale in grado di garantire anche i piú deboli. Ma il 15 aprile 1987 Federico Caffè era soprattutto, o si sentiva, un uomo solo.