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La sostituzione
Taccia gentilmente il tuo cuore
e di me, ti prego, non se ne parli piú
che questa soltanto è la risposta celeste
alla domanda del nome
Un inquieto colloquio fra vivi e morti, fra il senso di colpa
di chi è sopravvissuto e la ricerca di silenzio di chi viene
evocato. Il libro piú alto di un poeta che raggiunge
qui la sua piena maturità espressiva.
Il libro
Terzo atto di una distillata produzione poetica (tre volumi di versi in 13 anni), la nuova raccolta di Enrico Testa dà spazio a una pluralità di figure e voci: viventi e trapassati che, con diversi accenti, affermano la loro radicale ed eterna separazione, anche se sono vive in tutto il libro una solidarietà e una complicità che legano gli uni agli altri in maniera non meno radicale ed eterna. Fra questi colloqui, a volte veri dialoghi, spicca quello tra un figlio e un padre: “Quante volte sono stato / (per qualche istante) tuo padre! / per tornare, poco dopo, / nuovamente tuo figlio /… / Ora nulla e nessuno / siamo ad entrambi / seppure lambiti dal coraggio / e avvolti nel sospetto del bene; / che fu e che resta, / nell’esaurirsi della conta, /la sfolgorante moneta del passaggio”. In questo caso l’angoscia della perdita trova a poco a poco, come in una lenta elaborazione del lutto, la via di un piú mansueto senso di colpa da parte di chi è sopravvissuto, sfociando in quel tono malinconico che peraltro era già tipico di Testa nelle raccolte precedenti, seppure piu lievi e, talvolta, addirittura scherzose. E fra i vivi e i morti, altri. Altri, quasi presenze angeliche, una selva di piccoli animali, un bestiario poetico fatto di talpe, marmotte, topi, serpenti, presenze annunciatrici di eventi, o muti testimoni. Animali umili, come lo stile non da ora scelto da Testa, che richiama, per lingua e sostanza poetica, quello di Caproni e di Sereni.