Giulio Einaudi editore

Il silenzio che viene alla fine

Copertina del libro Il silenzio che viene alla fine di Deborah Gambetta
Il silenzio che viene alla fine
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Deborah Gambetta racconta le ossessioni piú profonde. Quelle che stanno là dove vivono soltanto i pesci mostruosi degli abissi.

Carlo Lucarelli

2005
Stile Libero Big
pp. 224
€ 13,80
ISBN 9788806173036

Il libro

In una casa di campagna isolata, in una estate caldissima e immobile, una giovane donna che ha lunghe cicatrici sui polsi scrive a un uomo che l’ha appena lasciata. Racconta la storia del patrigno e della sua morte. E del padre vero che ha lasciato lei e la madre, tanto tempo fa. Ma lo sguardo è sempre meno lucido, la realtà sempre piú disturbata. E nel tentativo della ragazza di afferrare un pezzo di verità, si svela al lettore un gioco mortale che non perdona nessuno, nemmeno la amatissima madre. Una storia sul silenzio, sull’incapacità di dire, sulla mancanza e sull’amore che costringe a uccidere.

Deborah Gambetta è una scrittrice violenta, ma non perché si serva di effetti, di sangue, di eccessi, niente di tutto questo: la sua è una violenza dello sguardo, uno sguardo che perfora la superficie delle cose e dove si posa squarcia veli, mistificazioni: arriva al nocciolo crudo delle esistenze che racconta. Personaggi senza nome e da un certo punto di vista senza storia. Esseri incapaci di far altro che non sia lasciarsi vivere. Potrebbe far venire in mente Camus: il romanzo Lo straniero, o certi racconti, L’adultera ad esempio, dalla raccolta L’esilio e il regno.

Simona Vinci

«Fatico a tenere il passo, madre, ma la mia mano sfiora le tue dita fresche e io di colpo mi sento tranquilla, felice. La mia felicità è essere con te, vicina a te. Insieme possiamo andare in qualsiasi posto, anche al polo nord o su Marte. Siamo tu e io, madre. Una donna e una figlia che non c’entrano piú niente con la vita che fanno, col paese in cui abitano e con l’uomo con cui vivono. Noi apparteniamo a qualcos’altro, a un altro destino. Ogni volta torniamo all’origine, percorriamo la strada a ritroso e andiamo nel luogo perfetto dove i padri, gli uomini, non hanno accesso. È questo, madre, il nostro viaggio, è sempre stato questo e solo adesso, a distanza di molti anni, lo so».