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Il respiro del buio
«Ero una minaccia per la gente, minacciavo l'assoluto delle loro coscienze, la sacralità delle loro vite. Io conoscevo da vicino l'oggetto delle loro piú grandi paure. Credevo di aver abbandonato la guerra, e invece la guerra ero io».
Il libro
Lasciarsi il passato alle spalle e ricominciare: è il pensiero fisso con cui, dopo due anni di guerra in Cecenia, il protagonista di questa storia sale sul treno per tornare a casa. Ma basta poco per rendersi conto che guerra e pace sono termini intercambiabili, e che non esiste nessun confine – geografico, cronologico o interiore – oltre il quale si è salvi: puoi vivere ancora mille vite, ma, se sei stato un soldato, sarai per sempre un reduce. Chiudendo idealmente la trilogia cominciata con Educazione siberiana e Caduta libera, Nicolai Lilin ci consegna la cronaca sconvolgente di un salto nel buio, tra i ghiacci della Siberia e i palazzi del KGB di San Pietroburgo. Una storia di formazione estrema, sorretta da una scrittura ruvida e diretta, che scortica e affonda là dove il nostro mondo nasconde le sue cicatrici.