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Il libro
Parte da qui, da un piccolo indizio favoloso, questo imprevedibile viaggio per parole e immagini dentro il mito della Grande Madre Russia. Quella penna diviene «il capo di una lenza che a tirarla piano piano» finisce per unire San Pietroburgo e Sanremo, la «città di luce bianca e di morte» e l’immagine leggendaria dei nobili russi spinti dall’onda della rivoluzione sulle spiagge della riviera ligure.
L’amore capriccioso e funesto di Pushkin e Natalja, i balli e i tradimenti, la scena tragica del duello, riemergono dalla memoria di una vita di letture insieme al ricordo di una nonna che, in estati odorose e lontane, raccontava come fossero fiabe le stravaganze della zarina e della sua corte nelle ville sul lungomare.
«Quella penna che non vidi fu l’emozione più forte e la curiosità intellettuale più intensa della lunga giornata. E quando rientrammo in albergo sentii di avere in mano il capo di una lenza che a tirarla piano piano dall’Europa mi avrebbe fatto passare la porta verso la Russia».
La penna scomparsa è il regalo di Goethe a Pushkin, quella con cui il poeta tedesco scrisse il Faust e di cui si è persa ogni traccia: una vera e propria «indagine letteraria» prende le mosse da questo piccolo indizio scoperto per caso. Una visita nella casa di Pushkin, a Pietroburgo sulla Mojka, per le stanze in cui si spense dopo due giorni di agonia il poeta ferito in duello, diviene lo spunto per una ricerca che attraversa letture, ricordi e suggestioni, dalla Storia del pescatore e del pesciolino alle pagine del Faust “tradotte” da Pushkin, passando per il commento di Nabokov all’Onegin e i versi di Anna Achmatova e di Lermontov.
Nico Orengo compie un personalissimo viaggio dentro il mito della Grande Madre Russia, sulle tracce di «un omaggio, di un’eredità poetica, di un sentimento, di una scintilla vitale». All’immaginario costruito da una vita di letture si sovrappone l’eco delle memorie familiari, l’odore di mandarini sbucciati davanti al grande camino della sala da pranzo, quando nonna Valentina Tallevich raccontava gli amori e gli eccessi dei nobili russi che svernavano a Sanremo. Quello che sembrava un gioco intellettuale, un «giallo» per letterati, si arricchisce lungo il percorso di intime reminiscenze e risonanze poetiche, così la quête diviene racconto, e ricerca del senso stesso della scrittura e delle proprie origini.