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Gli uomini chiari
Il libro
Uno sguardo che parte da milioni d’occhi e spazia a trecentosessanta gradi sul mondo: lo sguardo stesso della natura, o del tempo, per cui gli accadimenti umani non occupano che un frammento del quadro, ma non per questo la loro percezione è meno precisa e la ferocia che da essi si sprigiona è meno assoluta. Gli occhi acutissimi dei gabbiani che scrutano l’assalto degli squali dopo l’esplosione d’un piroscafo in alto mare, le pupille gialle d’un gatto che riflettono una piazza cinquecentesca e il rogo d’un condannato, gli «occhi smerigliati» delle formiche, oppure i tentacoli della medusa che oscuramente avvertono le proprietà degli elementi intorno. Ma più in là ancora di questo sguardo animale, la stessa capacità delle cose di stabilire rapporti con le cose, per cui anche un pezzo di roccia e terra può vivere una sua storia geologica e poi organica.
Renzo Rosso per dire ciò che gli sta a cuore prende la massima distanza, esce da se stesso, si situa nel punto piu remoto, come tempo storico e come prospettiva gnoseologica. E quando è un personaggio umano che pone al centro del quadro, operaio etiope del cantiere delle piramidi o filosofo tedesco che medita passeggiando su un molo del Baltico, la passione che essi investono nella loro fatica o nella loro speculazione non fa che rispondere a forze della natura che agiscono attraverso di loro. Ma per questa via non accadrà al nostro autore come all’antico naturalista romano de I topi che raccoglie con lo stesso scrupolo osservazioni e dicerie sulle religioni d’Oriente e sulle abitudini dei roditori? Va comunque detto che è quando considera i topi che questo personaggio capisce piu cose del mondo umano, del «sistema» a cui appartiene. È vedendo la strage dei Proci con gli occhi di Femio il cantore, come un fatto atroce ed estraneo, manifestazione della misteriosa ferocia degli «uomini chiari», che sentiamo quanto essa sia vicina, ci riguardi direttamente.
Il punto che Renzo Rosso prende di mira è il cuore incandescente del nostro « qui e ora», là dove la vista è insostenibile. Ce ne accorgiamo sempre di più nei pezzi finali di questo volume, quasi il ritorno dall’odissea nel fuori di sé, e non a caso più ci si riavvicina piu la trasfigurazione visionaria s’intorbida, si fa convulsa: nei Cavalieri che con un corto circuito temporale ci portano da un orrore simbolico e remoto all’orrore della nostra attualità; o nel rinchiudersi d’uno scenario quotidiano e implacabilmente familiare in Patria, in questa sdegnata didascalia teatrale dove maschere di guardiani e di servi si preparano riluttanti a uno spettacolo che forse non avverrà mai.
Con questo libro, confermando la serietà del cammino intrapreso negli altri suoi, Renzo Rosso si classifica come uno scrittore che non somiglia a nessuno: un’immaginazione sempre ad alta tensione, nutrita insieme di precisione intellettuale e di accanita immedesimazione nel vivere la storia naturale e la storia umana come offesa, dilaniamento, strazio.
Italo Calvino