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Giú nella valle
In questo romanzo duro e levigato come un sasso, Cognetti scende dai ghiacciai del Rosa per ascoltare gli urti della vita nel fondovalle, lungo la Sesia. La sua voce canta le esistenze fragili, perse dietro la rabbia, l'alcol e una forza misteriosa che le trascina sempre piú giú, travolgendo ogni cosa.
Il libro
Un padre ha piantato due alberi davanti alla sua casa, uno per ogni figlio. Il primo, un larice, è Luigi, duro e fragile, che in trentasette anni non se n’è mai andato dalla valle. Lui e Betta si sono innamorati facendo il bagno nelle pozze del fiume, tra le betulle bianche: ora non succede piú cosí di frequente, ma aspettano una bambina e nell’aria si sente il profumo di un nuovo inizio. Lui ha appena accettato un lavoro da forestale, lei viene dalla città e legge Karen Blixen. L’altro albero è un abete: Alfredo è il figlio minore, ombroso e resistente al gelo, irrequieto e attaccabrighe. Per non fare piú guai ha scelto di scappare lontano, in Canada, tra gli indiani tristi e i pozzi di petrolio. Ma adesso è tornato. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, che a tratti ha il suono crudo di una ballata per chitarra e armonica, Paolo Cognetti ha scritto il suo Nebraska.
«Un libro che, come i migliori racconti della tradizione, da Cechov a Carver, si costruisce sui particolari della scrittura, sul passo della narrazione, sul sommerso che definisce le piccole cose nella loro indefinitezza».
Eugenio Giannetta, «Avvenire»
«In questo libro bellissimo – brillante come un cristallo di ghiaccio – accade che lungo il corso della Sesia ogni cosa subisca il dolore delle azioni della nostra specie: alberi, donne, uomini e animali».
Stefano Mancuso, «la Repubblica»