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Dei bambini non si sa niente
Il libro
Dei bambini non si sa niente è stato l’esordio folgorante di una scrittrice che ha appassionato e diviso critici e lettori.
«A leggere la Vinci mi è venuta voglia di ripassare di là. Chissà cosa sono diventati, Budrio e Medicina
»
Cesare Garboli, «la Repubblica»
«Simona Vinci vuole immergerci in una zona oscura, un bordo dimenticato e sepolto, e tuttavia profondamente incardinato nella coscienza di ciascuno».
Stefano Giovanardi, «L’Espresso»
«Questo libro non si fa dimenticare, e non per l’eccesso della vicenda, ma per la sua – non sorprenda la parola – fatalità».
Rossana Rossanda, «il manifesto»
Una bambina di dieci anni canta, in grembiule azzurro e anfibi rossi, davanti a un mare di grano. È Martina, che non fa domande, che cerca di capire con gli occhi. E attraverso il suo sguardo, che vede il mondo con lo stupore assorto, un po’ imbambolato, dei grandi saggi, il lettore entra nel racconto perfetto di un mistero. Alla fine dell’anno scolastico, nel tempo breve e infinito di un’estate, tra i campi gialli e verdi di Granarolo dell’Emilia, lontano dallo sguardo degli adulti, un gruppo di bambini si esercita in giochi proibiti sempre piú estremi. Buono e cattivo, gioia dolore e schifo, e anche l’orrore, ci sono, semplicemente. Attraverso il punto di vista di Martina, Matteo, Luca e Mirko, il ragazzo piú grande, quindici anni, il capo del gruppo. L’esordio, di straordinaria maturità, di una scrittrice che, riallacciandosi a Marguerite Duras e Ian McEwan, sa raccontare l’universo dei bambini e quasi adolescenti tra innocenza e corruzione, tra giochi odori cose familiari e certezze spensierate di una volta, il rock acido dei Soundgarden e la scoperta del sesso, del corpo, e di come sia inevitabile e spaventoso crescere.