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Cento giorni di felicità
«Non ho nessun merito per essere ricordato ufficialmente.
Per giustificare una lastra di marmo su un palazzo.
Una lastra davanti alla quale qualcuno passi e dica:
"Fammi vedere un po' su Wikipedia chi era 'sto Battistini!"
Eppure ho una moglie e due figli che amo, degli amici
meravigliosi, una squadra di ragazzini che darebbero la vita
per me. Ho fatto degli errori, altri ancora ne farò,
ma ho partecipato anch'io alla festa. C'ero anch'io.
In un angolo magari, non ero il festeggiato ma c'ero.
L'unico rimpianto è aver dovuto scoprire di morire
per cominciare a vivere».
Fausto Brizzi, Cento giorni di felicità
Il libro
Cosa faresti se mancassero cento giorni alla tua morte?
Non a tutti è concesso di sapere in anticipo il giorno della propria morte. Lucio Battistini, quarantenne ex pallanuotista con moglie e due figli piccoli, invece lo conosce esattamente. Anzi, la data l’ha fissata proprio lui, quando ha ricevuto la visita di un ospite inatteso e indesiderato, un cancro al fegato che ha soprannominato, per sdrammatizzare, «l’amico Fritz». Cento giorni di vita prima del traguardo finale. Cento giorni per lasciare un bel ricordo ai propri figli, giocare con gli amici e, soprattutto, riconquistare il cuore della moglie, ferito da un tradimento inaspettato. Cento giorni per scoprire che la vita è buffa e ti sorprende sempre. Cento giorni nei quali Lucio decide di impegnarsi nella cosa piú difficile di tutte: essere felice. Perché, come scriveva Nicolas de Chamfort, «la piú perduta delle giornate è quella in cui non si è riso».