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Bianco è il colore del danno
«La vergogna è questa cosa qui. Ci rivela cosa siamo per gli altri, quanto valiamo nel catalogo dei vivi, ora che siamo guasti».
«Scegliere le parole acuminate, non avere paura di dire cosa sia
la paura - di essere madre, di essere figlia, di non essere amata,
di morire».
Concita De Gregorio, «la Repubblica»
«Libro bellissimo, potente, in cui la scoperta della fragilità è un viaggio verso la vera forza».
Jovanotti
«Leggendolo ho provato stupore [...] Lo stupore, come il romanzo di Mannocchi, è ripetuto e assoluto».
Chiara Valerio, «L'Espresso»
Il libro
Qualche anno fa Francesca Mannocchi scopre di avere una patologia cronica per la quale non esiste cura. È una giornalista che lavora anche in zone di guerra, viaggia in luoghi dove morte e sofferenza sono all’ordine del giorno, ma questa nuova, personale convivenza con l’imponderabile cambia il suo modo di essere madre, figlia, compagna, cittadina. La spinge a indagare sé stessa e gli altri, a scavare nelle pieghe delle relazioni piú intime, dei non detti piú dolorosi, e a confrontarsi con un corpo diventato d’un tratto nemico. La spinge a domandarsi come crescere suo figlio correndo il rischio di diventare disabile all’improvviso e non potersi quindi occupare di lui come prima. Essere malata l’ha costretta a conoscere il Paese attraverso le maglie della sanità pubblica, e ad abitare una vergogna privata e collettiva che solo attraverso l’onestà senza sconti della letteratura lei ha trovato il coraggio di raccontare.
Approfondimento
«Bianco è il colore del danno»
Chiara Valerio, «L’Espresso»