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Umanisti italiani
Una reinterpretazione storico-culturale profondamente innovativa, destinata a cambiare le opinioni comuni sull'Umanesimo e dunque su una grossa fetta della letteratura e della filosofia tra la fine del Trecento e gli inizi del Cinquecento.
Il libro
A cura di Raphael Ebgi.
In coperina: Sandro Botticelli, Pallade e il Centauro, tempera su tela, 1482-83, particolare. Firenze, Galleria degli Uffizi. (Foto © Antonio Quattrone / Electa / Mondadori Portfolio. Su concessione del Ministero della Cultura).
Tra gli autori antologizzati: Petrarca, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Pico della Mirandola, Poliziano, Savonarola, Leonardo da Vinci, Machiavelli.
Una reinterpretazione storico-culturale profondamente innovativa, destinata a cambiare le opinioni comuni sull’Umanesimo e dunque su una grossa fetta della letteratura e della filosofia tra la fine del Trecento e gli inizi del Cinquecento.
Umanesimo come scuola di retorica, culto dei Latini e dei Greci, nascita della filologia? Le cose sono piú complesse e meno schematiche di cosí, e la stessa filologia umanistica va in realtà inserita in un progetto culturale piú ampio nel quale l’attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano. Dunque una filologia che è intimamente filosofia e teologia. E i nodi filosofici affrontati dagli umanisti (che in quest’ottica non iniziano con Petrarca o con i padovani, ma con lo stesso Dante) sono difficilmente ascrivibili a sistemi armonici o pacificanti, secondo una visione tradizionale del Rinascimento.
Un’antologia di testi nel segno del tragico e di un’antropologia filosofica destinata a farsi teologia, ermetismo e profezia.