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La ricostruzione della teoria del fantasma nella filosofia medievale apre la via a una interpretazione della teoria dell'amore cortese e a una lettura inedita di alcuni dei testi poetici (da Cavalcanti a Dante) che sono all'origine della nostra cultura.
Il libro
Questo libro propone la ricostruzione esemplare di quattro capitoli fondamentali della cultura europea: la teoria del fantasma nella poesia d’amore del ‘200 (La parola e il fantasma); il concetto di malinconia dai padri della chiesa a Freud (I fantasmi di Eros); l’opera d’arte di fronte al dominio della merce (Nel mondo di Odradek); la forma emblematica dal ‘500 alla nascita della semiologia (L’immagine perversa). L’indagine è però condotta in una prospettiva unitaria, che conduce ogni volta a mettere in questione il luogo (inteso in senso topologico e non spaziale) in cui si situa la cultura umana nel suo tentativo di entrare in rapporto col suo inafferrabile oggetto. Cosí la ricostruzione della teoria del fantasma nella filosofia medievale apre la via a una interpretazione della teoria dell’amore cortese e a una lettura inedita di alcuni dei testi poetici (da Cavalcanti a Dante) che sono all’origine della nostra cultura; ma, nello stesso tempo, essa approda anche a una situazione critica della parola poetica e della sua specifica autorità testuale. Allo stesso modo, l’analisi della letteratura patristica sull’acedia e delle teorie mediche dell’amore porta a una revisione della classica interpretazione iconologica panofskiana della Melencolia di Dürer in un singolare accostamento con le teorie freudiane. Se l’esame della reazione degli artisti di fronte al dominio della merce si articola attraverso una lettura critica di Baudelaire, della teoria delle correspondances, del dandismo e dell’analisi marxiana del feticismo della merce, tutti questi temi convergono nella domanda: dov’è la cosa? Qual è, cioè, il luogo proprio dei prodotti del fare dell’uomo? L’intera ricerca è condotta con un metodo che vuole unire la devozione filologica ai dettagli propria della scuola warburghiana a una concezione della critica che si ispira indubbiamente a quella di Walter Benjamin e che, nella prospettiva dichiarata di una «disciplina dell’interdisciplinarità», si muove dalla filosofia di Averroè alla poesia di Baudelaire, da Cavalcanti a Saussure, dalla medicina medievale a Lacan.