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Genealogia della morale
«Siamo sconosciuti a noi stessi, noi uomini della conoscenza:
noi stessi a noi stessi, e di questo c'è un buon
motivo. Non siamo mai andati alla ricerca di noi stessi:
come sarebbe potuto accadere che un giorno ci trovassimo?
(...) Il nostro tesoro è là dove sono gli alveari della nostra conoscenza. Per questo scopo
siamo sempre per via, come se fin dalla nascita fossimo
animali alati, raccoglitori del miele dello spirito,
e di cuore ci preoccupiamo davvero soltanto di una cosa,
di «portare a casa» qualcosa».
Friedrich Nietzsche, La genealogia della morale
Il libro
La genealogia della morale è uno degli ultimi scritti di Nietzsche. La sua attualità è via via cresciuta nel tempo, tante sono le questioni cruciali con cui ci provoca, a cominciare dal fatto che Nietzsche toglie ogni rassicurante punto di appoggio a qualunque morale pretenda di valere per se stessa, fino alla grande scena del «risentimento ascetico» in cui domina quella volontà di nulla in cui noi, oggi, continuiamo a dibatterci.
Questo nichilismo – ecco la sua amara e paradossale conclusione – è tutto ciò che abbiamo nelle mani: da esso paradossalmente ricaviamo quel poco di senso che ci salva dal baratro di un completo e insensato rifiuto della vita, del corpo e del desiderio. Dalla morale del «prete ascetico», risultato di un lunghissimo tragitto attraverso la cattiva coscienza e il senso di colpa (appunto, la genealogia), dobbiamo ripartire, e non possiamo girare pagina con una semplice impennata filosofica. Lo hanno capito in tanti nei decenni appena trascorsi, da Benjamin a Deleuze, a Foucault, a Sloterdijk. Si disegna qui la contraddizione del nostro presente, le sabbie mobili in cui siamo bloccati. Chi è il sano? Chi è il malato? Chi è il «vero» medico tra la folla dei falsi terapeuti? Nietzsche rilancia a noi la palla avvelenata, ed è perciò che questo libro dovrebbe essere letto, anzi «ruminato» da tutti, a cominciare dai giovani oggi cosí spaesati. E non c’è bisogno di essere addetti ai lavori per leggerlo e farne uso.
Pier Aldo Rovatti