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Perché crediamo a Primo Levi?
«Quando diciamo
di credere a Primo Levi, di prestar fede alle sue
parole, che cosa esattamente ci sentiamo impegnati
a ritenere vero? E, in secondo luogo: quali sono
le ragioni del nostro atteggiamento? Su che cosa si
fonda il credito che noi gli concediamo?»
Mario Barenghi, Perchè crediamo a Primo Levi?
Il libro
La strategia narrativa di Se questo è un uomo è basata su una selezione di ricordi che Primo Levi commenta e mette in discussione a ogni pagina. Mario Barenghi esamina i meccanismi di questa organizzazione della memoria e del testo, tesa a trasformare un trauma personale in memoria condivisa. Oscillando tra l’esigenza «scientifica» di comprendere e il monito solenne, di tipo sacrale, Primo Levi conferisce al suo discorso una curvatura complessa, che vieta l’approdo a ogni conclusione perentoria: nessuna semplificazione, nessuna catarsi è possibile. Il climax narrativo degli ultimi due capitoli prepara il vero finale, che è al di fuori di Se questo è un uomo: la morte di Hurbinek, il bambino che non sapeva parlare, al principio della Tregua.
***
The narrative strategy of Se questo è un uomo is based on a selection of memories which Primo Levi discusses and questions on every page. Mario Barenghi examines the mechanisms of this organization of memory and text that turns personal trauma into shared memory. Oscillating between the “scientific” urge to understand and the solemn, sacral warning, Primo Levi imparts to his discourse a complex curvature which prevents its arriving at any definite conclusion: no simplification or catharsis is possible. The narrative climax of the last two chapters prepares for the real ending, which lies outside Se questo è un uomo: the death of Hurbinek, the boy who couldn’t speak, at the beginning of La tregua.