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Il libro
Un bilancio letterario, ma anche politico-morale, del Novecento italiano vieta la neutralità. E infatti Cesare Segre, in questo libro, segue con reattiva attenzione critica conquiste e sconfitte dell’attività letteraria; i raggiungimenti come l’attuale, progressivo, declino. Il suo giudizio viene portato, in un ampio, esauriente capitolo iniziale (forse il piú efficace sinora proposto), sulle trasformazioni del panorama letterario del secolo scorso, e poi concentrato su una lunga serie di autori (anche delle ultime leve), con limpide monografie che completano i suoi precedenti contributi. E avverte con amarezza la scarsa continuità dell’onda di rinnovamento prodotta dalla caduta della dittatura, il crescente vuoto morale, pubblico e privato, che promuove ora il degrado della democrazia. Il giudizio di Segre fa riferimento, anche nei saggi piú letterari, a valutazioni di etica sociale che l’autore considera ormai imprescindibili. È significativo che un capitolo centrale del libro discuta i rapporti fra etica e letteratura, capovolgendo l’assioma crociano dell’autonomia dell’arte, e auspicando un nuovo impegno degli scrittori, anche come difesa dei valori culturali che essi esprimono, o credono di esprimere, e che sono sempre piú vilipesi. Se poi è vero che la Shoah ha segnato il punto piú basso nel diagramma dei valori etici operanti nella storia degli uomini, additando un bivio non evitabile, si capisce perché il libro dedichi nella seconda parte tante analisi agli scrittori, anche stranieri, della Shoah, e chiuda con un capitolo di partecipe riflessione sulla letteratura dei Lager.