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L’ovvio e l’ottuso
"Oggi, a livello delle comunicazioni di massa, sembra che il messaggio sia presente in tutte le immagini: come titolo, come didascalia, come articolo di stampa, come dialogo di film, come fumetto. Si vede dunque che non è del tutto giusto parlare di una civiltà dell'immagine: siamo ancora e piú che mai una civiltà della scrittura, perché la scrittura e la parola sono sempre termini pieni della struttura informazionale".
Il libro
Barthes e il mondo figurativo: la pittura, la fotografia, il cinema, la scrittura. Barthes e il teatro: la rappresentazione e i classici greci, la «continuità» Diderot Brecht Ejzenstejn. Dunque la scrittura del visibile. Poi il corpo della musica: l’ascolto, il canto romantico, Schumann, la voce e la lingua. Saggi, scritti, note, dagli anni Sessanta alle ultime carte, redatte poco prima della scomparsa del grande semiologo e scrittore. Saggi critici che documentano anche l’evoluzione del modo di scrivere di Barthes, l’accostarsi a opere e situazioni, il trascriverne il percorso, il senso. Tra senso ovvio, quello che l’autore ha intenzionalmente prestato all’opera, e che è tratto dal piú largo lessico comune dei simboli, e senso ottuso, quello che «accade in eccesso, come un di piú che la mia intelligenza non giunge ad assorbire del tutto e sfugge».