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La conversazione infinita
La conversazione infinita è senza dubbio il libro chiave di Maurice Blanchot e uno dei libri piú inquieti, singolari e stimolanti di critica letteraria del secondo Novecento.
Il libro
Anche qui, come negli altri libri dell’autore, la riflessione muove da testi, autori, studi, problemi proposti volta a volta dall’attualità. Questi incontri appartengono spesso alla produzione letteraria, a volte sono «recensioni» a libri di sintesi interpretativa trascese in un rapporto libero; ma sempre in una prospettiva generale di pensiero. In confronto agli altri lavori di Blanchot, questo appare dunque piú filosofico; piú frammentato e insieme piú compatto. I singoli testi si susseguono in una fitta polifonia che riprende e sospende, nel tessuto discontinuo delle occasioni critiche, una serie di interrogativi sempre piú essenziali. La complessità del discorso viene evidenziata nei capitoli di raccordo stesi in forma di dialogo, dove la polarizzazione della ricerca, nell’alternanza di due voci disincarnate, obbedisce a una funzione organizzativa, all’esigenza di regolare i tempi e i livelli di approfondimento. Tra le parti piú intense e appassionanti del volume quella introduttiva in forma di dialogo, coi temi apparentemente misteriosi della «fatica», della «benevolenza», dell’«evento»; le pagine sul significato dell’Ebraismo, quelle sui terroristi; su Orfeo, Don Giovanni, Tristano; sul «quotidiano»; sul narrare; sulla critica; e la ricapitolazione finale su «L’assenza di libro».