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In un’altra lingua
Il libro
In un’altra lingua – o meglio: come se la traducesse da un’altra lingua – Primo Levi ci ha descritto l’esperienza di Auschwitz. Da allora in poi, durante l’intera sua vita di scrittore, Levi ha trapiantato nella letteratura italiana nuovi linguaggi, e ha conquistato nuovi territori espressivi: il dialetto degli ebrei piemontesi, il gergo di un tecnico specializzato in montaggi complessi, lo yiddish di una banda partigiana nelle steppe orientali, i codici alieni di apparecchiature avveniristiche quanto minacciose. Oggi, unico tra gli scrittori italiani moderni, Primo Levi sta per essere pubblicato integralmente in traduzione inglese, fino all’ultima delle sue pagine sparse. Ann Goldstein e Domenico Scarpa, una traduttrice e uno studioso che hanno collaborato all’impresa, dialogano appunto su Levi e la traduzione: nel significato artigianale della parola, e nel suo senso più ampio.
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In another language – rather, as if he were translating it from another language – Primo Levi described to us the experience of Auschwitz. From then on, during his entire life as a writer, Levi transplanted into Italian literature new languages, and conquered new expressive territories: the dialect of Piedmontese Jews, the jargon of a technician specializing in complex rigging, the Yiddish of a partisan band in the Russian steppes, the alien codes of threatening futuristic machines. Today, alone among modern Italian writers, Primo Levi is about to be published in his entirety in English, down to the last of the uncollected pages. Ann Goldstein and Domenico Scarpa, a translator and a scholar who contributed to the enterprise, have a dialogue on Levi and translation: in the most concrete meaning of the word and in its broader sense.