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Il mito di Narciso
Il libro
Narciso che si specchia nella fonte e si innamora per sempre della sua immagine riflessa. La ninfa Eco che vede il giovane mentre si specchia e si innamora in eterno di lui. L’incontro non è dato: a generarsi è – fatalmente – un complicato gioco di specchi. Tutt’intorno un turbinio di lacrime e pugnali, da cui si generano fiori e fiumi. Dalle lacrime versate dagli infelici amanti scaturiscono, infatti, sorgenti, polle d’acqua e fontane; dal loro sangue nascono, invece, fiori bianchi candidi o rosso fuoco. Ecco il mito di Narciso che conosciamo, quello che si è diffuso in tutta la cultura europea dando vita a una ricca serie di rifrazioni e varianti. Ma questo è soprattutto il racconto ovidiano. Non tutti sanno infatti che, prima di Ovidio e nel mondo greco, la storia del giovane Narciso non esisteva se non in una forma piú banale: senza Eco, sicuramente, e soltanto in un contesto di racconti erotici a sfondo omosessuale. È con Ovidio, e con la comparsa al fianco di Narciso della sfortunata Eco, che il mito esplode in tutta la sua fortuna e che, pur da un’estrema economia di contenuti narrativi, riesce tuttavia a generare una ricca messe di varianti che appare inesauribile. Dalle Metamorfosi di Ovidio, alle Silvae di Stazio, a Filostrato, a Pausania, a Plotino. Dalle trasformazioni medievali che iniziano a vedere un’immagine di donna nel riflesso della fonte, a Boccaccio, a Calderón de la Barca, alle càrole boscherecce, ai girotondi amorosi del Pastor fido, ad artisti e pittori, a Freud naturalmente. Nei secoli e nei millenni, in forma diversa e con voci diverse, si è tentato di rispondere alla stessa domanda: «Che cosa ha veramente visto, o che cosa cercava di vedere Narciso nello specchio della sua chiara fonte?» Tutti conoscono il mito di Narciso che si riflette nella fonte. O almeno pensano di conoscerlo. Eppure con il mito vale sempre la pena di ricominciare.