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«Fioca e un po’ profana». La voce del sacro in Primo Levi
Fioco e profano sono aggettivi che ritornano spesso
in Primo Levi.
«Fioco» non significa debole o
fiacco, quanto piuttosto mite; ma anche tenue, sommesso,
difficile da intercettare. «Profano» è l'inesperto, chi non ha una lunga
pratica in certe cose, il non-specialista. Il profano
è vagamente imparentato con il «dilettante», colui
che fa le cose per gioco, un personaggio che ci è già
noto da queste Lezioni. Il dilettante
si diletta ovunque, il profano soltanto davanti al
Tempio, «invece di penetrarvi» (Sp, I, 904).
In questo senso «fioca e un po' profana» si può
definire la voce di Levi quando si confronta con la
Scrittura biblica e, in generale, con le tradizioni del
popolo ebraico. Questa Lezione non si propone
naturalmente di risolvere il complicato rapporto tra
lo scrittore e l'Ebraismo; vorrebbe semmai osservarlo
da un'angolatura diversa: quella di uno scrittore che
non dimenticava di essere un osservatore esterno.
Alberto Cavaglion
Il libro
Può apparire strano il tragitto di uno scrittore illuminista come il chimico Primo Levi lungo i sentieri del sacro. Eppure questo tragitto è riscontrabile in diverse sue opere. D’altra parte Levi amava definirsi un «centauro», una creatura ibrida, e la sua fisionomia appare duplice da tanti punti di vista. Certo, quando entra in contatto con la scrittura biblica o, in generale, con le tradizioni del popolo ebraico la sua voce può risultare «fioca e un po’ profana», come lui stesso, indirettamente, suggerisce. Non è uno scrittore di vena mistica e religiosa; tuttavia, nel «Canto di Ulisse» di Se questo è un uomo, nel racconto «Carbonio» del Sistema periodico e altrove, lo stile di Levi tocca corde profonde come i concetti di impurità e di colpa, antiche come le preghiere ebraiche, solenni o parodiche come i versi di Dante. Gli autori di questa Lezione indagano le varie direzioni di queste allusioni alle radici di ciò che è sacro: con non poche sorprendenti scoperte.
***
On one hand, the path taken by a chemist and enlightened writer like Primo Levi along the ways of the sacred might appear to be strange. And yet, this path is confirmed by many of his works. On the other hand, Levi loved to define himself as a “centaur”, a hybrid creature, and his appearance actually seems double-faced. When approaching the biblical scripture or, in general, the traditions of the Jewish people, his voice could sound “fioca e un po’ profana” (feeble and a bit profane), as he himself, indirectly, suggests. He is not a writer with a mystic and religious flair; however, in the “Canto of Ulysses” from If This Is a Man, in the short story “Carbon” from The Periodic Table and elsewhere, Levi’s style touches issues as deep as the concepts of impurity and guilt, as ancient as Jewish prayers, as solemn or parodistic as Dante’s verses. The authors of this Lezione explore these references all the way to the roots of what is sacred: with many surprising discoveries.