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Casanova e la malinconia
Il libro
Libro eccentrico anche tra i memoriali settecenteschi, l’Histoire de ma vie non ha altri obiettivi che restituire intatto il sapore del disordine e della felicità lungamente assaporati da Casanova. Nessun lettore potrebbe trovarvi un inizio né una fine o un fine plausibili, né una logica, né un sistema, né uno sviluppo. A differenza di tanti suoi compagni di viaggio letterari – da Tom Jones a Gil Blas a Roderick Random -, l’errante Casanova non cerca nulla, neppure una casa: giovanissimo abate a Martorano, fugge a Roma; soldato della Repubblica a Corfú, ritorna a Venezia nei panni di un violinista; commissario del lotto a Parigi, corre a Ferney; finalmente bibliotecario a Dux del conte Waldestein, anche da Dux vorrebbe andarsene per sempre. Di questa euforia picaresca, o sterniana religione del moto, Ficara studia alcune intermittenze malinconiche, effetto non tanto della ripetizione, dell’ egarement licenzioso o d’una peculiare superficialità macchinistica, quanto, invece, del risorgere subitaneo e spaventevole del desiderio, della pena, della bellezza, della nostalgia, dell’amour-passion nel teatro dell’amour-goût. Tale «profondità» richiede una diversa forma di narrazione, cioè l’ordine romanzesco, ed è proprio ai piccoli abissi dell’Histoire – Henriette, la monaca veneziana, la Charpillon – che Casanova affida, controvoglia, il suo malinconico ed eccezionale talento di romanziere.