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Lettere dal confino
Queste lettere dal confino sono per molti aspetti un diario di lavoro e di studio che integra la raccolta degli Scritti.
Il libro
«Mi è giunta la notizia straziante che il caro Leone Ginzburg, nella qualità di oriundo russo, di ebreo e di antifascista, è stato sottoposto a maltrattamenti nel carcere di Roma e vi è morto or sono già tre mesi!»: cosí, il 20 maggio 1944, Benedetto Croce scriveva a proposito della morte di Leone Ginzburg, avvenuta ai primi di febbraio, sessant’anni fa. Queste lettere dal confino sono per molti aspetti un diario di lavoro e di studio che integra la raccolta degli Scritti. E lettere di lavoro e di studio sono quelle a Benedetto Croce e ad Alberto Carocci tra il 1930 e il 1940, che è sembrato opportuno pubblicare in appendice, come ulteriore contributo per ricostruire una biografia intellettuale di rilevante interesse. Ma nelle lettere dal confino c’è dell’altro. Dalla documentata quotidianità del lavoro, da lontano, per la casa editrice Einaudi, affiora una concezione del «fare i libri» in cui «ragioni morali e editoriali» (Giaime Pintor) si intrecciano inestricabilmente. Né mancano giudizi perentori e umori vivaci, e, soprattutto, accenni personali, rari ma intensi, a testimoniare la dolorosa condizione del confinato, ma anche, per Ginzburg, il lavorío interiore, il severo esercizio all’autodisciplina.