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Carteggio 1918-1922
«Presto sarò anch'io un uomo esperto, di quelli che sorridono agli entusiasmi giovanili perché hanno già perduto la loro battaglia, presto avrò anch'io verso tutte le cose l'atteggiamento che tanto aborrivo e sferzavo negli altri dell'uomo che ha vissuto e che non soffre più disillusioni perché ha rinunciato anche alle illusioni dolci e feconde»
Piero Gobetti a Santino Caramella.
Torino, 30 marzo 1920
Il libro
Piero Gobetti (1901-1926) occupa una posizione atipica nella storia del pensiero politico italiano. Padre dell’antifascismo intransigente, è stato a lungo, e in una certa misura è tuttora, oggetto di un «uso pubblico»: rivendicato come eredità simbolica da liberalsocialisti e azionisti, comunisti, liberali, sinistra democratica da una parte; contestato per il suo liberalismo rivoluzionario dall’altra. Meno esplorato è stato il suo pensiero dal punto di vista storico, che invece ne può fornire le chiavi di lettura: un’esperienza maturata in meno di otto anni, nel periodo culminante della crisi italiana ed europea del primo dopoguerra, dovrebbe essere letta nel suo farsi e nel contesto in cui si è definita. La pubblicazione integrale dei carteggi gobettiani fornisce uno strumento essenziale a tale scopo: già iniziata con l’edizione della corrispondenza con Ada Prospero, prosegue ora con lo scambio epistolare con personaggi di primo piano della cultura italiana, da Croce, Gentile, Salvemini, Einaudi a Prezzolini, Papini, Soffici, Carrà e con i coetanei Santino Caramella, Carlo Levi, Natalino Sapegno. A differenza delle lettere alla fidanzata, quelle dirette ai maestri e agli amici non fanno alcuna concessione al privato, e costituiscono la trama di un’intensissima attività culturale. Ricostituiti in un¿unica sequenza cronologica, i carteggi sopravvissuti alle inevitabili dispersioni presentano nuove interrelazioni e colmano i vuoti d’informazione, per esempio quello sul periodo che intercorre tra la fine di «Energie Nove» e l’inizio della «Rivoluzione Liberale», ampiamente documentato in questo volume. Da tale intreccio risulta una sorta di autobiografia, nella quale appare con evidenza l’«equivoco generazionale» che ha segnato la formazione di Gobetti, rendendo piú drammatica la resa dei conti con la generazione dei fratelli della «Voce», all’avvento del fascismo.