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Le gemme della memoria
Per la prima volta viene tradotta in italiano, sia pure parzialmente, un'opera fondamentale della letteratura persiana.
Il libro
Composta nel XIII secolo, raccoglie storie agiografiche e profane, narrazioni realistiche, storiche, favolistiche, apologhi morali. I racconti (piú di duemila nell’opera completa) sono rielaborati da tradizioni precedenti, scritte e orali, e suddivisi per temi. L’autore, Awfi, era un letterato passato per diverse corti: viaggiò attraverso l’Iran, l’Asia centrale e il subcontinente indiano (dove la lingua persiana deteneva un grande prestigio), sempre impegnato a reperire e a leggere le opere piú disparate nelle grandi biblioteche centrasiatiche, che sarebbero poi in parte andate distrutte con l’invasione mongola. L’opera di ‘Awfī ha dunque permesso di conservare e tramandare (Gemme della memoria) un ricchissimo patrimonio di cultura persiana, araba, turca e indiana, un mondo multietnico geograficamente estesissimo e affascinante. Grazie allo sguardo antropologico di ‘Awfī, e al suo gusto del narrare, quel mondo di califfi e profeti, di guerrieri e di imam, di ancelle e di mercanti ci sembra ancora oggi piú che mai avvincente.
Nei libri dei sapienti è scritto che un tempo, in un’amena terra di pascoli, pacifica di fiori e di boccioli, viveva un leone feroce e sanguinario. Al suo servizio aveva un lupo e una volpe che si nutrivano dei resti delle sue vittime. Un giorno, catturata una preda, il leone ordinò al lupo di dividerne le carni fra loro. Il lupo fece tre parti uguali: una per il leone, una per la volpe e una per sé. Quando il leone si avvide di quella suddivisione, fece cadere ai propri piedi la testa del lupo, senza pietà. Dopodiché disse alla volpe di dividere la preda fra loro due, e quella mise tutto quanto di fronte a lui. Il leone fu sorpreso da tanta cortesia e le chiese: «O volpe, da chi hai imparato queste buone maniere?» La volpe rispose: «Dalla testa di quel lupo».
Conclusi gli studi a Bukhara all’inizio del secolo XIII, Awfi viaggiò per oltre vent’anni, come letterato di corte itinerante, tra l’Asia centrale e quelli che sono oggi l’Iran orientale, l’Afghanistan e l’India nord-occidentale: tra i numerosi luoghi da lui visitati compaiono i toponimi di Samarcanda, Marw, Nishapur, Herat, Isfizar, Khabushan, Isfarayin, Shahr-i Naw, Farah, Ghazna, Lahore, Cambay (Kanbayat), Nahrvala (ossia il Gujarat), Delhi ecc. In particolare sappiamo che tra il 1201 e il 1203 fu al servizio di Qïlïch Arslan Khaqan Nusrat al-Din ‘Uthman ibn Ibrahim – il figlio del sovrano qarakhanide per il quale lavorava lo zio materno – con l’importante incarico di responsabile dell’ufficio della corrispondenza di corte. Nel 1204 lo ritroviamo a Nasa (l’antica Nisa Partica, nota anche come Parthaunisa), nell’odierno Turkmenistan meridionale, nel 1206 a Nishapur e nel 1210 a Isfizar, tra Khurasan e Sistan. I vari personaggi incontrati durante questo periodo di peregrinazioni – importanti scrittori, pensatori, uomini politici – forniranno ad Awfi una frazione considerevole di quel materiale-mondo intellettuale (storico, narrativo, educativo, biografico) che egli «salverà» poi nelle sue opere.
Dall’introduzione di Stefano Pellò