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Breviario proustiano
Aforismi, massime, sentenze. In ogni pagina della Recherche si incontrano meditazioni di straordinaria profondità. Perché Proust è un grande narratore, ma è ugualmente un grande scrittore della tradizione moralistica francese, quella che va da Montaigne a Pascal, a Rochefoucauld, a Joubert. Ecco dunque che Patrizia Valduga, estraendo dai sette libri circa 1500 pensieri, ci propone un nuovo modo di leggere la Recherche. Parziale, sì, ma del tutto legittimo e profondamente radicato nel dna proustiano.
Il libro
Viviamo, di solito, col nostro essere ridotto al minimo; la maggior parte delle nostre facoltà rimangono assopite, fidandosi dell’abitudine che sa cosa si deve fare e non ha bisogno di loro.
Di calma non ce ne può mai essere nell’amore, perché quel che si è ottenuto non è che un nuovo punto di partenza per desiderare dell’altro.
Nell’attesa, l’assenza di quel che si desidera ci fa soffrire a tal punto da renderci insopportabile qualsiasi altra presenza.
Non si ama più nessuno quando si è innamorati.
La felicità ha, si può dire, una sola utilità: rendere possibile l’infelicità.
La bellezza è una catena d’ipotesi che la bruttezza restringe, sbarrando la strada che già vedevamo protendersi verso l’ignoto.
Chi non assimila ciò che nell’arte è davvero nutriente, ha continuamente bisogno di gioie artistiche, in preda a una bulimia che non lo lascia mai sazio.
***
«Merito di Proust, certo, della grandiosa polivalenza del suo capolavoro, che non è un solo libro ma la stratificazione di molti libri, se non addirittura di tutti i libri possibili – e che rimane dunque vivo, vivo in ciascun pezzo, anche se lo si faccia, letteralmente, a pezzi…»
Giovanni Raboni