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Eneide
Testo latino a fronte.
***
«Era il momento in cui il primo riposo ai mortali stremati
incomincia, e s'insinua, gratissimo dono divino:
ecco che in sogno mi parve presente davanti ai miei occhi
Ettore, molto afflitto e in larga effusione di pianto,
come quel giorno che il carro lo trasse, di sangue e di
polvere
fosco, coi piedi rigonfi trafitti da cinghie di cuoio.
Ahi, qual era il suo aspetto! Quanto mutato da quello,
l'Ettore che ritorna indossando le spoglie di Achille
o che scaglia le fiamme frigie alle poppe dei Dànai!
Con la barba incrostata, e con grumi cruenti ai capelli;
e le ferite mostrava, che molte ebbe attorno alle mura
della patria! Per primo, piangendo, io stesso sembravo
interpellare l'eroe ed effondere meste parole:
«O luce della Dardània, speranza fidata dei Tèucri,
che grandi indugi ti tennero? Ettore, tu, l'agognato,
da che regioni a noi vieni? In che stato, dopo le molte
morti dei tuoi, e il vario penare di Troia e degli uomini,
te vediamo, sfiniti! Che causa indegna ha straziato
del viso i tratti sereni? O perché scorgo queste ferite?»
Lui nulla, e non indugia sulle mie vane domande,
ma, traendo dal fondo del petto un gravoso lamento:
"Ah, fuggi, nato da dea" dice, "e strappa te a queste
fiamme.
Il nemico è sui muri, dall'alto suo culmine Troia
crolla. Abbastanza si è dato a Príamo e alla patria: se
Pèrgamo
destra potesse difendere, questa l'avrebbe difesa.
È a te che Troia affida le sue sacre cose e i Penàti:
prendili al fato compagni, ricerca per loro le mura
grandi, che infine porrai, dopo aver molto errato sul mare"».
Publio Virgilio Marone, Eneide
Il libro
Questa nuova traduzione dell’Eneide, corredata da un ricco apparato di note, si configura come particolarmente tecnica e come intimamente poetica: due connotazioni complementari del lavoro di un traduttore che è affermato studioso di letteratura latina e poeta in proprio. Tecnica per la scelta metrica di un esametro barbaro molto duttile, ma anche molto preciso, con i suoi sei accenti e con giochi di pause, e di alternanze fra misure dattiliche e spondaiche, che realizzano una analogia assai stretta rispetto all’archetipo latino. Tecnica per la scelta di mantenere le ripetizioni virgiliane in tutte le tessere formulari: locuzioni fisse dove Virgilio usa locuzioni fisse. Sembrerebbe un orientamento obbligato: eppure nessuna delle precedenti traduzioni italiane aveva mai adottato sistematicamente questo criterio, con la conseguente perdita di un fondamentale elemento ritmico-strutturale coesivo, e di non trascurabili aspetti storico-letterari e semantici, del poema. La rielaborazione poetica parte da premesse di questo tipo, ma si snoda in un paziente rispetto delle singole parole, fino a una spiccata attenzione alle trame foniche, e specialmente alle allitterazioni, omaggio al poeta piú musicale e fonosimbolico del mondo antico. Si snoda poi nella ricerca di imprimere, come già fece Virgilio, un passo sublime a una lingua d’arte non troppo lontana da quella usuale. E ancora nella capacità di calibrare un tono malinconico anche nelle pagine piú epiche. Il piú affascinante esito della letteratura latina trova una nuova voce, fedele e attualissima, per i lettori di oggi e di domani.
***
«È legittimo presupporre che violenze, stragi e trionfi di guerra non fossero l’ideale cui Virgilio aspirava in tema di offerta delle Muse (…) Per rendersi piú vicina la materia bellica, Virgilio non si rivolse certo al canto della gloria che attende i vincitori: egli quasi ne tace, anche negli scontri che, prima del duello finale, vedono prevalere i Troiani. Fedele a se stesso, avvicinò invece quell’aspra tematica guardando alle privazioni degli sventurati e dei soccombenti: la perdita di un mondo per Enea e i suoi in fuga dalla patria distrutta, per i Troiani ripiegati a Butroto – con la speciale desolazione di Andromaca, vittima di un corto circuito fra vita e morte, fra presente e spettri del passato e della nostalgia -, per Didone cui è strappato Enea, per tutti coloro la cui vita è intercettata e per lo piú spazzata via da un Fato che corre alto sopra le loro teste, proiettato alla costruzione di una Storia che non può avere riguardo della loro privata e personale vicenda. Non è un caso che l’Eneide – che è un universo cosí complesso, e presenta una serie cosí vasta di spunti da considerarsi uno dei piú “inesauribili” fra gli inesauribili classici – sia stata talora etichettata come “il poema dei vinti”».
Dall’introduzione di Alessandro Fo