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Iconologia
Testo stabilito da Paolo Procaccioli.
***
«Bella e graziosa si debbe dipingere l'Abondanza, sí come cosa
buona, e desiderata da ciascheduno, quanto brutta et abominevole
è riputata la carestia, che di quella è contraria».
Cesare Ripa, Iconologia
Il libro
L’Iconologia del Ripa offre il piú vasto repertorio delle immagini allegoriche adottate nelle arti figurative. La grande fortuna di quest’opera – cinque edizioni vivente l’autore, diciotto postume seicentesche, quindici settecentesche – sancisce la rinascita moderna dell’interesse per il mondo dei simboli e delle immagini che, unite alla parola dei letterati, diventano a tutti gli effetti un nuovo linguaggio. Impostata alfabeticamente, vive di quello spirito enciclopedico che aveva preso campo in tutta Europa tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ed era anche il prodotto di una cultura che ambiva a costruire una morale laica utilizzando con sensibilità classicista l’auctoritas dei grandi scrittori del passato. Ma il successo del libro è dato soprattutto dalla sua struttura modificabile, che ne ha permesso la riscrittura e il continuo adattamento, diventando un manuale per gli artisti figurativi di epoche e paesi diversi. L’Iconologia del Ripa si è cosí trasformata in una sorta di marchio, l’indicazione di un genere, dietro al quale si sono diffuse opere che ormai poco o nulla avevano a che fare con l’intellettuale perugino. Nel corso del Novecento, poi, per opera di grandi storici dell’arte come Mâle e Gombrich, l’opera del Ripa è stata rivalutata anche come strumento per interpretare affreschi, quadri e sculture sia da un punto di vista filologico sia culturale, diventando una specie di chiave archetipica per gli studi di iconologia moderna. Nonostante tutto ciò, non era disponibile fino ad ora un’edizione di quest’opera attendibile dal punto di vista testuale e fornita di un adeguato commento. Sonia Maffei è tornata al Ripa, all’edizione del 1603 (la prima illustrata) che viene qui riprodotta con le immagini delle xilografie originali. Ne studia le fonti, il metodo compositivo centonario, il rapporto con le citazioni classiche. Soprattutto fa vedere come in realtà, tanto utilizzato dagli artisti e studiato dagli storici dell’arte, il Ripa non era molto interessato al fatto artistico nella sua tecnica e nella sua materialità: quello che gli interessava era il rapporto mentale fra idee astratte e immagini, l’elaborazione di un linguaggio complesso che aveva un valore in sé, al di là, o al di qua, della realizzazione effettiva di un pittore, di un incisore o di uno scultore, e della sua valutazione estetica. Un atteggiamento proto-semiotico che, forse proprio per il suo livello di comunicazione essenzialmente intellettuale, ha saputo attraversare lingue e culture tanto diverse.