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La villa
Traduzione di Piera Giovanna Tordella
Luogo riservato al riposo, allo svago, all'otium, ma anche simbolo di
potere politico o economico, la villa riflette, nel corso dei secoli, i mutamenti
del gusto e delle esigenze di chi la abita. La sua struttura architettonica
e la posizione che occupa nel paesaggio risultano infatti, fin
dall'antichità, intimamente correlate a precisi contesti culturali e segno
tangibile di una volontà di affermazione e di dominio dell'ambiente circostante.
Descriverne le forme significa dunque, in primo luogo, descrivere
le abitudini e le esigenze dei proprietari.
Il libro
Partendo da questi presupposti, Ackerman analizza i caratteri comuni e gli elementi specifici che, dall’epoca romana alle realizzazioni di Frank Lloyd Wright, hanno caratterizzato questo tipo di edificio. Ne risulta un quadro complesso e contraddittorio: da una parte la molteplicità di forme che la villa ha assunto nella storia, dall’altra l’impressione che l’ideologia sottesa alla vita di campagna sia rimasta sostanzialmente immutata dalle origini a oggi. Di qui la necessità di approfondire, anche attraverso esempi letterari, il senso della vita in villa, sempre in bilico tra i piaceri della vita di campagna e le necessità dell’agricoltura. L’indagine prende avvio da esempi romani, quali i Tusci e il Laurentinum di Plinio il Giovane, e prosegue analizzando le ville medicee, quelle palladiane, italiane prima e poi inglesi, e quindi gli esempi statunitensi di villa e giardino romantici; infine l’autore si sofferma sui tentativi opposti di Le Corbusier, impegnato a estraniare, idealmente e strutturalmente, l’edificio dalla natura, e di Wright, che nella celebre Casa sulla cascata, in Pennsylvania, punta a raggiungere un’armonia simbiotica tra paesaggio e architettura.
***
«Villa Barbaro a Maser è situata su di un dolce declivio ai piedi delle colline che si ergono al di sopra della pianura veneta preannunciando le Alpi a nord. Dalla finestra al centro della facciata, simile a quella di un tempio antico, i fratelli Barbaro potevano osservare i frutteti della loro tenuta, controllare i contadini al lavoro e, nel dirigersi verso il grande salone a forma di croce del piano nobile, ammirare gli splendidi affreschi illusionistici di Paolo Veronese che decoravano ogni angolo con paesaggi romanticamente caratterizzati da rovine romane. Queste creavano un’aura poetica di antichità, ideale complemento al classicismo dell’architettura e alla rusticità della veduta esterna. Attraverso la porta posteriore del salone i proprietari potevano accedere a una terrazza rivolta verso il pendio collinare sul quale Palladio aveva collocato un elegante ninfeo, nella fattispecie, una grotta-fontana arricchita da statue… In uno dei piccoli ambienti agli angoli dell’ingresso principale Veronese rappresentò una villa-castello coeva dalla quale si stanno allontanando su di una carrozza alcune dame e gentiluomini forse in procinto di compiere una gita di piacere in campagna. L’edificio, con il suo profilo merlato, è stranamente antiquato in rapporto al carattere innovativo della villa palladiana con le sue quattro torri angolari fiancheggiate da logge che richiamano alla mente la villa di Poggio Reale a Napoli, edificata nel nono decennio del Quattrocento. Tuttavia il lungo viale alberato che conduce all’ingresso principale è un elemento moderno».