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Scritti religiosi e morali
Fede e cultura tra Riforma e ortodossia.
Il libro
Erasmo fu l’uomo del libro a stampa, frequentatore di tipografie, abituato a pensare in pubblico nel vivo scambio con interlocutori d’ogni parte a mezzo di parole rapidamente fissate sulla pagina e subito messe in circolazione. E tuttavia la definizione della religione di Erasmo è stata e continua ad essere controversa. Preferiva parlare non di religione ma di pietas: un termine antico, dalla lunga fortuna. Tra la pietas di cui parlava Virgilio e la religione dei cristiani c’erano già allora soglie da varcare, gradini storici, fratture che pesavano; e altre dovevano aggiungersi. Ma Erasmo non mostra incertezze: per la religione di cui si impegnava a spiegare le regole pietas era la parola giusta. È una pietà che deve passare attraverso l’intelligenza del libro che raccoglie la volontà del fondatore. Poi, si tratta di attuare i mandati di Cristo. E si apre immediatamente la scena della morale. L’invito erasmiano a tornare alla lettura del Nuovo Testamento e a farlo restaurando un testo filologicamente attendibile mise a repentaglio le istituzioni ecclesiastiche e le autorità che si reggevano sul controllo esclusivo dell’interpretazione delle Scritture e le costrinse a difendersi. Gli strumenti della filologia e della interpretazione messi a punto dalla cultura umanistica sui testi del mondo antico furono da lui richiamati in uso e difesi in un contesto di grandi conflitti religiosi. Ne rimase una lunga eredità alla cultura occidentale.
Dall’Introduzione di Adriano Prosperi