-
Antropologia e religione Antropologia e religione
-
Arte e musica Arte e musica
-
Classici Classici
-
Critica letteraria e linguistica Critica letteraria e linguistica
-
Filosofia Filosofia
-
Graphic novel Graphic novel
-
Narrativa italiana Narrativa italiana
-
Narrativa straniera Narrativa straniera
-
Poesia e teatro Poesia e teatro
-
Problemi contemporanei Problemi contemporanei
-
Psicologia Psicologia
-
Scienze Scienze
-
Scienze sociali Scienze sociali
-
Storia Storia
-
Tempo libero Tempo libero
Della Republica Ecclesiastica
Donato Giannotti nacque a Firenze nel 1492, pochi mesi dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. Benché molto piú giovane, conobbe Machiavelli e ne fu amico. Fu segretario della Repubblica di Firenze tra il 1527 e il 1530, prima del ritorno degli odiati Medici. Dopodiché emigrò esule in Veneto e poi a Roma, dove morí nel 1572. Scrisse tre volumi sulla corretta istituzione di un governo repubblicano: Della Republica Fiorentina (1538), il dialogo Della Republica de' Vinitiani (1540), che ebbe molto successo, concludendo la trilogia con la trattazione Della Republica Ecclesiastica (1541), scritta su richiesta del cardinale Niccolò Ridolfi, suo protettore, e letta solo da pochi amici fidati per timore delle autorità ecclesiastiche. Una copia manoscritta di quest'opera è stata ritrovata recentemente e viene qui pubblicata per la prima volta. Dunque il volume è un inedito assoluto. L'importanza di questo testo consiste già nel fatto di essere la prima storia della Chiesa scritta da un laico. Ma, oltre a questo, sono i contenuti dell'ultimo capitolo a sorprendere e a far sí che il libro sia destinato a diventare un fondamentale oggetto di studio per gli storici. Lí infatti Giannotti, all'alba del Concilio di Trento, enuncia la sua proposta politica: e cioè spostare l'autorità politica della Chiesa dal papa al Collegio dei cardinali, sulla falsariga del rapporto fra doge e Senato nella Repubblica di Venezia.
Il libro
In questo libro Donato Giannotti suggerisce un approccio alla riforma sorprendentemente diverso sia dal modello protestante che da quello cattolico. La sua principale preoccupazione è la sopravvivenza di una Chiesa indipendente e ben governata, libera dalla tirannia sia esterna che domestica. […] Da questa prospettiva istituzionale e laica, che volutamente ignora le questioni dottrinali, Giannotti giunge a una nuova proposta di riforma: la Chiesa deve essere governata come una repubblica. Se i vescovi sono eletti dal clero e dal popolo delle loro diocesi, se i poteri temporali del papa vengono trasferiti al Collegio cardinalizio in modo che il papa diventi una figura in gran parte cerimoniale, la Chiesa non dipenderà piú dalle scelte personali né dalle umane debolezze di una sola persona. Questo, sostiene Giannotti, è il modo migliore per evitare un’egemonia esterna, e offre i mezzi piú efficaci per scongiurare il ripetersi dei papati tirannici e corrotti dei decenni a lui vicini. Giannotti ritiene che, una volta diventata repubblica, la Chiesa possa finalmente adottare le misure amministrative e fiscali che caratterizzano uno Stato ben regolato.
dall’introduzione di William J. Connell
«Quando le cose fusseno governate in questa maniera, i gradi ecclesiastici sariano dati a persone honorate, et per consequente i lor governi sariano buoni, tal che per tutto il mondo sariano i preti amati et honorati, et non come hoggi sono odiati et vilipesi. Ma ragionando di Roma, noi vedremo in questo Collegio de’ cardinali persone eccellenti in ogni spetie di virtú, dalli quali si potrebbe ogni bene sperare. Et procedendo il governo nel modo detto, non sarebbe la ricchezza della Chiesa odiosa, perché non si convertirebbe ne’ commodi privati de’ pontefici, i quali, subito che sono arrivati a quel grado, pensano a fare i nipoti o i figliuoli o i fratelli marchesi, duchi et gran maestri, dissipando in ciò i tesori ecclesiastici, et vengono a consumare i danari della Chiesa et mettere in confusione tutto il mondo. […] Ma se le cose fusseno nel sopradetto modo governate, i pontefici non potrebbono far queste cose, perché non sariano né de’ danari né del governo signori, ispendendosi ogni cosa dal Collegio. Di che seguirebbe un’altra commodità, che non si spendendo l’entrate ecclesiastiche in guerre prese per ambitione et rabbia de’ papi, né ancora ne’ suoi commodi privati, la Chiesa non diverrebbe mai povera, et perciò non saria mai necessario assassinare i sudditi con nuovi datii, accatti et altre ruberie che sono fatte loro, di modo che per tutto si vedrebbe festa et allegrezza».