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Migramorfosi
Sette milioni di immigrati sono la stampella demografica che ci ha permesso di tirare avanti per trent'anni. Ma ne abbiamo approfittato senza investirci. Il risultato è un Paese piú diseguale e diviso. Ora dobbiamo tornare ad aprirci. Ne va del nostro futuro.
Il libro
Immigrazione continua a essere sinonimo di svantaggio e marginalità. Le crisi dell’ultimo decennio hanno aggravato la situazione, colpendo gli stranieri in maniera piú pesante dei cittadini. Inseriti nei settori piú esposti, generalmente meno garantiti, i primi hanno perso il lavoro o subito riduzioni di orario e salario assai piú spesso dei secondi. Cosí il divario aumenta. Siamo una società sempre piú stratificata in base all’origine e al colore della pelle. Alla radice, vi è un drammatico ritardo culturale e politico. I media continuano a ricondurre ossessivamente gli immigrati a due stereotipi contrapposti: intruso minaccioso o povera vittima. La politica è impantanata da anni in uno sterile gioco delle parti; ogni serio progetto di riforma è stato abbandonato, emergenzialismo e improvvisazione dominano. Intanto, sfiducia e frustrazione montano, tra gli elettori italiani come tra i migranti e i loro discendenti. La metamorfosi che i primi arrivi di massa avevano innescato sul finire del secolo scorso è rimasta incompiuta. Il problema è che, come Paese, questo stallo non ce lo possiamo permettere.