Giulio Einaudi editore

Orfeo

1963
Collezione di teatro
pp. 61
€ 9,00
ISBN 9788806065102
Traduzione di

Il libro

Orfeo, scritto nell’estate del 1925 a Villefranche-sur-Mer e rappresentato nel giugno dell’anno successivo al Théâtre des Arts di Parigi dai Pitoëff, costituisce il primo punto fermo nella produzione teatrale di Jean Cocteau. In questa minuscola e misteriosa tragedia confluiscono, certo, le esperienze ed i tentativi anteriori, le estrosità bizzarre, talora astratte e gratuite di una Parade o di un Mariés de la Tour Eiffel, che al pubblico erano apparsi festosi ed insolenti fuochi di prestigio scenici; come le sollecitazioni classiche, le fascinazioni del mito che avevano indotto il poeta a tradurre, o meglio a riscrivere un’Antigone e un Edipo re. Così in Orfeo, su una tessitura di racconto mitico, trasposto in termini di volutamente ambigua modernità, quella stessa che nell’opera grafica di Cocteau conferisce alle forme reali, mediante un fluido e continuo tratto, la purezza sovrumana e algebrica del geroglifico, si affaccia il mondo inquietante del circo: dal cavallo sapiente ai personaggi sospesi a mezz’aria, dagli specchi che inghiottono con l’immagine la persona alle colombe addomesticate, alla testa parlante dell’uomo decapitato. D’altronde nella didascalia iniziale lo stesso Cocteau ci avverte che la scena è molto somigliante ai “salotti dei prestidigitatori”, aggiungendo poco oltre che essa in nulla può essere mutata in quanto si tratta di “uno scenario “utile” in cui il minimo particolare ha la sua funzione come i dispositivi di un numero di acrobati”. Per parte sua il prologo, a nome degli interpreti, dichiara, proprio come accade prima dei numeri particolarmente pericolosi: attenzione, “lavoriamo molto in alto e senza rete di soccorso”.

Dalla Nota di G. R. Morteo

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