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Napoleone in venti parole
Un saggio che si legge come un romanzo illumina in modo originale il Napoleone meno noto e piú significativo: il «poeta dell'azione», lo statista e manager che a duecento anni di distanza ha ancora molto da insegnare.
Il libro
Il mito di Napoleone, «l’uomo che suonava la musica dell’avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo N. (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell’Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano piú da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l’introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l’attenzione per l’arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un’ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d’Italia all’Egitto, dalla Russia a Waterloo, all’esilio sull’isola di Sant’Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
«”Sento l’infinito, in me”. Cosí N. nella gabbia di Sant’Elena, quasi a giustificare l’enormità delle sue ambizioni, la grandezza che perfino la rovinosa caduta finisce per evidenziare e lo stesso martirio, opportunamente raccontato ed enfatizzato, rende ancora piú visibile. Si è autodefinito “l’uomo piú grande che sia mai esistito”, e può rivendicare con orgoglio le proprie modeste origini per misurare la strada percorsa e l’unicità che lo distingue dai milioni di uomini di cui non rimane traccia».