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Andrea Pomella «I colpevoli»
Cosa resta del legame tra un padre e un figlio dopo un rabbioso distacco durato trentasette anni?
Dopo «anni di silenzi, di reciproca indifferenza, di rancore», un padre e un figlio si ritrovano. Devono colmare un vuoto, una voragine di sentimenti, abitudini, esperienze; devono raccontarsi cose mai dette che riguardano il presente e il passato remoto.
I colpevoli di Andrea Pomella «è una lunga lettera al padre scritta con un’implacabilità e un rigore che inchiodano l’io narrante più che l’uomo a cui è indirizzata […] In un senso grottesco e contradditorio, questo è un libro di avventura, e come tutti i libri di avventura l’ingrediente più forte è il coraggio, quello che serve a uno scrittore per non mollare la presa nel punto dove la ferita fa più male, senza autolesionismi ma con la volontà di condividere quanto di più prezioso e faticoso si abbia dentro di sé, quella voragine da cui è nata un’esistenza intera» (Nadia Terranova, «Tuttolibri – La Stampa»).
Questa lettera è il tentativo di ricucire un rapporto interrottosi quando da bambino il figlio aveva scritto al padre, che abbandonava la famiglia, «non voglio più vederti». Con quelle quattro parole è iniziata la sua «automutilazione».
«Solo il diventare a sua volta traditore, e quindi il potersi sentire “colpevole” come il padre nei suoi confronti, ha ristabilito un campo di confronto e anche di lotta che apre all’altro. Non sveliamo come avviene, anche perché Pomella lo costruisce con una mossa narrativa da maestro giocata sui piani temporali del racconto che illumina retrospettivamente d’amore tanta parte del libro» (Alessandro Beretta, «la Lettura – Corriere della Sera»).
Bene e male, tradimento e perdono fanno parte di un faticoso cammino di crescita psicologica. Tutte le nostre vite sono costellate di tradimenti e di abbandoni, ma queste pagine raccontano con forza e verità la storia di una riconciliazione, ricostruiscono un ponte sospeso su un abisso per dare senso compiuto alla parola perdono: «E c’è di più e meglio espresso in ciò che l’autore non nomina ma fa emergere attraverso le domande senza risposta e l’acquiescenza priva di festa, quasi infelice con cui accoglie il grande ritorno. È l’incertezza che domina ogni esistenza e nella quale ogni relazione deve apprendere a specchiarsi» (Michele Neri, «Il Foglio»).
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2020«Ho appreso la lingua dei colpevoli e ho attraversato la terra dei traditori. Cosí ora le nostre parti sono condannate a rovesciarsi incessantemente. Siamo due corpi in lotta, avvinti nell'abisso perpetuo del vuoto gravitazionale».«Non voglio piú vederti», dice un bambino a suo padre, che se...