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L’uomo in prospettiva
L'elaborazione della coscienza artistica italiana analizzata nel dettaglio da un grande storico dell'arte
Il libro
Daniel Arasse ha sempre privilegiato un efficace approccio critico all’iconografia e alla storia dell’arte fondato su una modalità di esercizio particolare dello sguardo, in costante ricerca degli intimi significati artistici delle opere e delle motivazioni profonde che le hanno generate. Questo libro, uno dei primi dell’autore, ricostruisce «ciò che gli uomini del XIV e del XV secolo cercavano attraverso le immagini» e offre al lettore un doppio punto di vista, sempre oscillante tra la nozione di individualità e quella di scuola, in grado di restituire per intero la ricchezza e la complessa evoluzione di due secoli di pittura. Arasse sottolinea l’originalità e la varietà degli esperimenti locali, da affiancare al modello toscano, ed elabora gradualmente il profilo dei primitivi non solo come precursori ma anche come «altri» del moderno. Giotto, Masolino, Paolo Uccello, Masaccio, Piero della Francesca, Foppa, Botticelli, Mantegna, Pinturicchio, Antonello da Messina… tutti i principali artisti che operarono in Italia nel Trecento e nel Quattrocento misero a punto nelle loro opere «una nuova formula di figurazione del mondo e dell’uomo, fondata su una coscienza progressiva delle proprie dimensioni storiche e che talvolta si configura come un appello a farsi carico della storia nel suo insieme».
«La pittura degli anni finali del Quattrocento non è “piú avanzata” di quella di Giotto o di Simone Martini; è soltanto “diversa”. Le pagine che seguono vorrebbero, in particolare, farvi percepire la profonda originalità di questo “primitivismo” italiano, che troppo spesso viene percepito come il balbettio infantile di una coscienza “moderna”. In gioco c’è molto di piú: quelli che le immagini del Trecento e del Quattrocento trasmettono, infatti, sono degli ipotetici modelli a partire dai quali sarebbe possibile una comprensione del mondo naturale e anche un’organizzazione del mondo sociale; ma quelle immagini trasmettono anche gli interrogativi che inevitabilmente sorgono di fronte ai rivolgimenti che una rifondazione di quella portata globale per forza implicherebbe. È tra queste due polarità che si gioca il primitivismo dei pittori italiani».