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Analfabeti sonori
Le nuove tecnologie hanno creato una rivoluzione anche nella musica. Come evitare che soffochino la creatività dei compositori e riducano gli ascoltatori all'analfabetismo?
Il libro
L’avvento di Internet ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo della musica. L’opportunità strabiliante di usare linguaggi musicali provenienti da ogni tempo e luogo ha rimescolato il concetto stesso di composizione, aprendo un ampio ventaglio di fusioni stilistiche e contaminazioni. Ciò presuppone grande responsabilità da parte del compositore, nonché il rischio di incorrere nell’esplorazione superficiale di un catalogo cosí pericolosamente vasto, smarrendo un requisito fondamentale: il senso critico. La soglia di attenzione e la capacità di concentrazione diminuiscono progressivamente di fronte alla logica di Spotify, un incessante crossover tra generi, che intacca l’archetipo di «storia musicale». I componimenti che richiedono un tempo d’ascolto lungo e ponderato mal si conciliano con questo metodo spasmodico. È ancora possibile qualche forma di resistenza alla continua accelerazione della fruizione musicale, arrestando cosí la nostra trasformazione in veri e propri analfabeti sonori?