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Il libro
Il ‘Journal’ dell’abate Mugnier è uno di quei documenti rari (come il Diario di Pepys o quelli di Pierre de l’Estoile) nei quali ci si imbatte sempre con sorpresa.Rimasto per anni sepolto negli archivi della famiglia che lo aveva avuto in eredità, anche perché l’abate, finché visse, si mostrò sempre ostilissimo alla sua pubblicazione, rivela, una volta pubblicato, uno degli sguardi più curiosi e una delle intelligenze più calde e dotate che abbiano scrutato la Parigi dell’ultimo Ottocento e del primo quarantennio del Novecento: sessant’anni di vita culturale, politica e morale passano nei fogli dell’abate, documentati con scrupolo, fedeltà e umiltà.Prete di modesta, per non dire modestissima carriera, formatosi in ambienti lamennesiani che certo non lo aiutarono a mettersi in buona luce, visse la sua lunghissima vita tra poche sacrestie di povere chiese e molti salotti di ricche e ricchissime case del Faubourg per antonomasia: e dal suo lavoro di prete modesto ricavò una saggezza quieta e comprensiva che gli faceva capire soprattutto la scarsa portata e la piccola incidenza della sua attività pastorale e gli insegnò un’onnicomprensiva rassegnazione alle debolezze umane; mentre dalle frequentazioni del milieu letterario e della nobiltà parigina gli venne una conoscenza senza pari di caratteri, ambizioni, limiti, tormenti e capacità che consegnò alle sue pagine con disinibita indipendenza intellettuale.