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Vita di Galileo
«Drammatizzazione in quindici scene della carriera del grande scienziato toscano - dall'invenzione del cannocchiale e dalla scoperta dei pianeti di Giove alla prima condanna del Sant'Uffizio, fino all'ultima vecchiaia trascorsa in domicilio coatto in conseguenza della seconda condanna -, Vita di Galileo di Bertolt Brecht è, anzitutto, un fatto di eccezionale rilievo nella storia del teatro contemporaneo», come osserva nella prefazione Emilio Castellani, rilevando che la pièce «ha posto in rilievo con somma efficacia il tipo di drammaturgia epica di cui il testo è un modello ineguagliato».
Il libro
Frutto di diverse stesure, quest’opera teatrale nasce negli anni che precedono immediatamente la Seconda guerra mondiale e che vedono sperimentare e utilizzare a fini bellici la scissione dell’atomo, gli anni in cui si compie definitivamente una paurosa frattura tra progresso tecnico e progresso sociale. La figura di Galileo, lo scienziato che con le sue rivoluzionarie intuizioni rischia di mettere a repentaglio gli equilibri teologici e sociali del suo tempo e che si piega alla ritrattazione per timore della tortura e per mancanza di agonismo eroico, è la metafora dello scienziato moderno, dell’intellettuale perseguitato dall’inesorabile binomio scienza-fanatismo. Eppure, nonostante il suo intimo dissidio, la sua contraddittorietà, questo Galileo brechtiano è figura umanamente ricca, moderna proprio perché, pur asserendo in modo geniale la verità contro l’ignoranza, la superstizione e il conformismo, egli resta in bilico perenne e labile tra due fronti. Ma è altresí, come nota Ladislao Mittner, «un omaccione grande e grosso, che scoppia di salute e di energia: vuole e sa godersi la vita, ma vive poi soltanto per rendere con le sue scoperte scientifiche piú sopportabile la vita all’umanità […]».