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La cortigiana
Il libro
Diceva un vecchio critico della Cortigiana (ovviamente nella redazione 1534) «ma questa è una revue!» tacciandola di leggerezza da avanspettacolo contro la gravità della commedia erudita, e di disordine grave di fronte alla metastorica esigenza dell’ordine. Voleva dire, il Toffanin, che La Cortigiana andava bene come avanspettacolo, ma che non aveva alcuna dignità per farsi prendere sul serio da un secolo all’altro. Se avesse mai letto La Cortigiana, nella redazione 1525, figuriamoci che l’altra e piú forte deprecazione avrebbe espresso; mentre è l’idea stessa della «revue», mal raccolta dalla edizione a stampa, che è sbagliata.
Altro che borghese revue, altro che avanspettacolo divertente e labile! La intelligenza feroce della Cortigiana, nella redazione 1525, è fondata nella contraddizione di una società che, come quella italiana (o italo-europea) del primo Cinquecento non trovava riscontro mai, dovunque applicasse i suoi sforzi, tra lo schema dei programmi e la violentà verità.
Una forte contraddizione intellettualistica ed una ancor piú drammatica contraddizione politico-sociale soprastanno alla polemica aretiniana, al babelismo critico della Cortigiana, nella redazione 1525, cioè alla rivoltosa sazietà di un cortigiano di Roma che dal piú insigne centro della vita pubblica italiana guardò e visse con passione la realtà confusa di quel momento storico. E gli fu pur facile ricordare, piú tardi, di avere preveduta la catastrofe imprevedibile del 1527. Il ricordo, forse, poté apparire piú tardi sazio gusto di vendetta: il punto è che egli l’aveva prevista per davvero, con una lama intelligente, lucente e tagliente che ha un suo proprio titolo e si chiama: Cortigiana ’25. p align=”right”>Dall’Introduzione di Giuliano Innamorati.