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Di soglia in soglia
Riunito è tutto ciò che vedemmo, | a prender congedo da te e da me: | il mare, che scagliò notti alla nostra spiaggia, | la sabbia, che con noi l'attraversò di volo, | l'erica rugginosa lassù, | tra cui ci accadde il mondo.
Il libro
Composte nei primi anni Cinquanta, le quarantasette poesie di “Von Schwelle zu Schwelle” rappresentano per Paul Celan il tentativo di costituirsi una seconda casa – la “soglia” che dà il titolo alla raccolta – nella quale idealmente custodire quanto egli aveva potuto salvare dalla prima: il ricordo e la lingua materna. Il tema dell’iserimento in una nuova realtà – geografica ed esistenziale al contempo – percorre le varie tappe e affronta i dilemmi e le crisi lungo il filo principale annunciato in apertura con l’emblematica figura nuziale che la dedica – “A Gisèle” – sottende. Un percorso umano e poetico che tuttavia deve fare i conti con la Storia. Per Celan – la cui famiglia perì nei campi nazisti – ciò implica il bisogno di portarsi al di là della morte e dello sterminio per ritrovare la soglia non rimossa della prima esistenza, l’Itaca ormai inghiottita verso cui bisogna faticosamente remare – si pensi a Bocklin e alla sua “Isola dei morti” – guidati dai defunti che nuotano in un “mare color squalo”.