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Storie sulla pelle
«Eccoti la prima lezione, piede scalzo: le parole sono
il cane che hai a casa, i disegni dei tatuaggi sono il lupo
che incontri nel bosco. Non siamo noi a dominare
i simboli, sono loro a muovere la nostra vita».
Nicolai Lilin, Storie sulla pelle
***
Sembrano mani, occhi, colombe, madonne, gatti,
serrature, pistole. Invece sono storie, pezzi di vita
che ti porti addosso. I tatuaggi sono racconti scritti
in una lingua segreta, sofferti sulla pelle.
Ed è a queste storie che Nicolai Lilin dà voce,
accostando parole e disegni, guidandoci nel labirinto
di una tradizione antichissima attraverso gli occhi di
un ragazzino che voleva diventare un tatuatore.
E offrendoci, di fatto, il capitolo più misterioso
della sua educazione siberiana.
Il libro
Si dice che raccontare la propria vita serva a comprenderla. Ci sono esperienze, però, su cui le parole non hanno presa: si può solo «soffrirle» una seconda volta sulla propria pelle.
I criminali siberiani le loro vite se le portano addosso, incise dalla mano esperta del kol’sik: sacerdote e custode della tradizione, il tatuatore e l’unico a comprendere fino in fondo la lingua arcana dei simboli.
Ma i tatuaggi, mentre raccontano delle storie, ne creano altre: generano incontri ed equivoci, stabiliscono legami, decidono, a volte, della vita e della morte.
Ed è attraverso questo vortice di storie che Nicolai Lilin ci conduce dentro la tradizione dei «marchi» siberiani. Sei racconti diversissimi – comici o disperati, violenti, romantici, rocamboleschi – nei quali ritroviamo alcuni dei personaggi memorabili di Educazione siberiana – la banda di minorenni capitanata da Gagarin, il colossale Mel, nonno Boris e gli altri vecchi fuorilegge di Fiume Basso – e ne incontriamo di nuovi: Oliva, che spara come un sicario e si porta sempre appresso la foto di una donna; Styopka con il suo amore impossibile; Pelmen, che pagherà caro un tatuaggio sbagliato nel posto sbagliato; e ancora Kievskij, criminale di Seme nero; il vecchio hippy Batterista in perenne lotta con una direttrice dittatoriale; il terribile Treno e la virginale Cristina.
A fare da filo rosso, c’è la voce inconfondibile di Nicolai «Kolima» e la storia della sua formazione da tatuatore. Dai primi tentativi in forma di gioco all’apprendistato nel laboratorio di nonno Lësa, fino all’esercizio di una vera e propria professione, il cammino di Kolima si rivela una messa a fuoco progressiva che dalla superficie – l’estetica affascinante dei simboli – si muove verso «il centro esatto del mistero».
Per le immagini interne © Stefano Fusaro e Nicolai Lilin