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Vendo vento
Due rasoiate al cielo
e l'afa irrancidita,
squarciata, è furia, sferza,
acqua gelata, vita.
Muore, esausto, agosto,
sventrato dallo squarcio;
nasce settembre: è fresco,
madido, nuovo. Scroscio
mirabile, concedi
tanto spedito spasmo
siccome al macro al micro -
anch'esso esausto - cosmo.
Il libro
Non potrebbe avere titolo diverso la nuova raccolta di Gilberto Sacerdoti, che segna il suo esordio einaudiano. Vendo vento evoca la ariosa e insieme melodica levità dei testi che ne fanno parte, animati da una scrittura-respiro che inspira immagini di mondo ed espira forme dell’anima e ritmi di pensiero. È un «nominare le cose» che racchiudono e rivelano illato positivo della vita: scorci cittadini, aperture di cieli e di mare, umori meteorologici e stagionali, presenze e private ricorrenze – ma anche le interiorizzate figure, interroganti e interrogate, dei maestri. Una realtà composita cui l’autore partecipa con intensità e gioco, fondendo sapientemente toni scanzonati a una lineare progressione meditativa. Una poesia a proposito della quale sono stati fatti i nomi di Saba e di Penna, e che idealmente si richiama a un certo filone inglese, da Hardy e Hopkins fino ad Auden e Larkin.