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L’ambiente non umano
Ecco il primo e unico libro scritto da un autore che è diventato un classico nel campo della psicoterapia delle psicosi schizofreniche e i cui memorabili saggi sono andati componendo nel tempo un vero trattato di psicoterapia intensiva dei malati psichici gravi: tra questi, il citatissimo Il tentativo di far impazzire l'altro (1959).
Il libro
Ecco il primo e unico libro scritto da un autore che è diventato un classico nel campo della psicoterapia delle psicosi schizofreniche e i cui memorabili saggi sono andati componendo nel tempo un vero trattato di psicoterapia intensiva dei malati psichici gravi: tra questi, il citatissimo Il tentativo di far impazzire l’altro (1959). Harold Searles si rende presto conto che nella teoria dello sviluppo della personalità hanno avuto importanza preminente i processi intra e interpersonali; mentre scarsissimo è stato il rilievo attribuito all’ambiente non umano. L’ambiente non umano è stato di conseguenza considerato irrilevante anche per lo sviluppo delle malattie mentali (nevrosi e psicosi), come se la vita umana si svolgesse in un vuoto e gli esseri umani vivessero soli nell’universo. Durante i primi anni di lavoro ha preso forma nella mente di Searles la domanda che permea questo libro da cima a fondo: come si acquisisce e come si può perdere il sentimento di identità personale? Noi tutti, un po’ superficialmente, tendiamo a separare nettamente ciò che pertiene all’umanità e ciò che non lo è: nell’ambiente non umano collochiamo le cose, gli animali e talvolta anche i nostri simili. Ora, l’autore mostra inequivocabilmente come questa partizione non sia valida mai, ma particolarmente per gli schizofrenici, il cui sentimento di identità è fragile e sempre in pericolo. All’angoscia tremenda di diventare non umano – per esempio una macchina – si contrappone spesso il loro desiderio di esserlo, di identificarsi con un paesaggio, con un albero o un cane. Nessuno meglio di Searles ha saputo descrivere la prossimità e l’estraneità della follia, la sofferenza e la verità implicite nel delirio. Grazie all’onestà, umiltà e gratitudine con le quali ha riconosciuto le fantasie e le emozioni suscitate in lui dall’incontro con i malati, Searles ha potuto comprendere fino a che punto sia vitale per l’essere umano intuire la sua profonda vicinanza con tutto ciò che lo circonda.
Stefano Mistura