-
Antropologia e religione Antropologia e religione
-
Arte e musica Arte e musica
-
Classici Classici
-
Critica letteraria e linguistica Critica letteraria e linguistica
-
Filosofia Filosofia
-
Graphic novel Graphic novel
-
Narrativa italiana Narrativa italiana
-
Narrativa straniera Narrativa straniera
-
Poesia e teatro Poesia e teatro
-
Problemi contemporanei Problemi contemporanei
-
Psicologia Psicologia
-
Scienze Scienze
-
Scienze sociali Scienze sociali
-
Storia Storia
-
Tempo libero Tempo libero
Rosso Floyd
«Syd è impazzito perché era sempre un passo più avanti, e non essere mai in sintonia con gli altri
fa di te un naufrago su uno scoglio, o un astronauta perso nello spazio. Qualsiasi cosa facesse o pensasse era sempre all'avanguardia, sempre: a un certo punto si trovò così in là che intorno a lui non c'era più nulla, e in quel vuoto precipitò».
Il libro
«Mio padre si chiamava Eric Fletcher Waters. Morì ad Anzio il 18 febbraio 1944. Io sono nato 165 giorni prima della sua morte. La gente mi conosce come Roger Waters, voce, bassista e autore della maggior parte dei testi dei Pink Floyd». Inizia così una delle confessioni dell’immaginaria «istruttoria» che fa da spina dorsale a questo libro. Un romanzo che ricostruisce la parabola artistica dei Pink Floyd facendo coincidere i dati biografici con quelli fantastici, dando forma a un impasto unico modellato intorno a una delle band più celebrate del ventesimo secolo. A sovraintendere a questa febbrile requisitoria sono «i siamesi»: due cervelli per un solo corpo, un legame conflittuale come quello che unì Roger Waters e David Gilmour.
Ma qual è stato l’originario «evento scarlatto» che ha fatto dei Pink Floyd la leggenda che sono diventati? Sappiamo che Syd «Diamante Pazzo» Barrett – dopo appena due dischi e un’esperienza psichedelica dalla quale non si riprenderà mai più – viene allontanato dai suoi stessi compagni. È allora che decide di rinchiudersi nello scantinato della casa di famiglia a Cambridge, in compagnia delle sue amate chitarre e di tutta la musica che ha in testa. La stessa musica che, grazie ai concerti tenuti dal gruppo, continua a fare il giro del mondo: come se il talento visionario di Barrett – tramite insondabili vie oniriche – avesse continuato a influenzare sotterraneamente ogni canzone composta dagli altri Pink Floyd dopo il suo esilio.
L’estro catalogatore ed enciclopedico di Michele Mari si fa in questo libro vertiginoso: l’autore sembra schiudere le porte del suo laboratorio per interrogare in profondità la genesi del processo creativo. Il potere della letteratura si allea in queste pagine a quello della musica: solo così è possibile far dialogare i personaggi delle canzoni dei Pink Floyd con i membri stessi della band, Stanley Kubrick con le coriste, David Bowie con Michelangelo Antonioni… Come il prisma scompone un raggio di luce mostrando lo spettro di colori che lo costituisce, così l’autore disseziona il nucleo incandescente delle canzoni dei Pink Floyd fino a svelare come dietro ogni loro singolo verso si nasconda un messaggio rivolto all’altrove.