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«Cosa significa in termini concreti affermare che il classico è ciò che sopravvive? Come si manifesta nella vita degli individui una tale concezione del classico?»
A queste «domande» tenta di rispondere uno dei grandi scrittori del nostro tempo, J. M. Coetzee, Premio Nobel 2003, interrogando classici del passato e del Novecento: Bach, Defoe, Turgenev, Dostoevskij, Musil, T. S. Eliot, Borges, Mahfouz, Gordimer, Lessing, Breytenbach, Byatt, Rushdie, Oz.
Il libro
Raccolti per la prima volta in volume alcuni saggi e le recensioni pubblicate sulla «New York Review of Books», in cui J. M. Coetzee, nella veste di lettore esigente e raffinato propone, in una prosa chiara e diretta, letture esperte e al tempo stesso non convenzionali che insegnano ad apprezzare la grandezza senza lesinare attacchi graffianti. Un’opera che aiuta a capire il rapporto di un grande autore con la letteratura altrui e che apre inattesi squarci di comprensione per la sua stessa opera creativa.
«Una domenica pomeriggio dell’estate del 1955, all’età di quindici anni, mentre gironzolavo per il giardino di casa, alla periferia di Cape Town, chiedendomi cosa fare, essendo allora la noia il problema principale dell’esistenza, sentii una musica dalla casa accanto. Fino a quando la musica durò, rimasi paralizzato, non osavo neppure respirare. La musica mi parlava come mai aveva fatto prima.
Stavo ascoltando una registrazione del Clavicembalo ben temperato di Bach. Ne appresi il titolo molto tempo dopo, quando familiarizzai con quella che a quindici anni conoscevo solo – nel modo sospettoso e a volte ostile, tipico dei ragazzi – come “musica classica”…
La mia non era una famiglia di tradizioni musicali. Nelle scuole che frequentavo non si offriva alcuna istruzione musicale, né l’avrei scelta se mi fosse stata offerta: in colonia la musica classica era roba per femminucce …
Poi ci fu il pomeriggio in giardino, e la musica di Bach. Dopo di che cambiò tutto. Un momento di rivelazione che non definirò di tipo eliotiano … ma tuttavia di grande significato nella mia vita: stavo per la prima volta vivendo l’effetto del classico».