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Poesie. II: 1934-1956
Con questo volume si conclude la pubblicazione di tutte le poesie brechtiane intrapresa nella Pléiade, basandosi sull'edizione tedesca delle opere complete dello scrittore, e dando così sistemazione definitiva a un ricco materiale poetico diviso in varie raccolte o rimasto inedito.
Il libro
«La forza della poesia di Brecht sta forse proprio in ciò che Adorno gli rimproverava: l’aver sacrificato l’autonomia dell’arte. Non perché banalmente al servizio della politica, ma in quanto inscindibile dalle vicende umane, dalle grandi catastrofi del Novecento. […] Nella sua poesia vita ed esperienza filtrano attraverso la citazione: come plagio, adattamento di forme e generi classici, gioco e trastullo retorici. Brecht è stato un grande sperimentatore e ha dominato, alla pari di W. H. Auden, come ricordò Hannah Arendt, un po’ tutte le forme poetiche. Un postmoderno la cui fantasia creativa si è nutrita di tradizione. Rifacendola, ironizzandola, distanziandosi da essa per prender posto nel proprio tempo. Esaltava il cattivo Nuovo, ma solo perché conosceva perfettamente il buon Antico: come strumento per guardare al futuro. Leggeva Orazio e Lucrezio, ma non dimenticava la lotta per la democrazia e i bisogni dei piú deboli. Insegnava la gentilezza in un mondo rapace e barbaro: non aveva rinunciato alla speranza né alla mutabilità delle cose. Senza ingenuità e senza arroganza, ma con il gesto leggero e ironico del maestro, che suggeriva: “Non ho bisogno di una lapide sulla tomba | ma, se voi ne avete bisogno, | vorrei ci fosse scritto: | ha fatto proposte. Noi | le abbiamo approvate. | Una simile iscrizione | onorerebbe tutti quanti».
Luigi Forte