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Argomenti per lo sterminio
Fra la prima metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in Europa
si afferma una cultura che procede sicura nella razzizzazione della
figura dell'ebreo. È il caso di dire che la cultura «alta» - espressa
da scrittori, scienziati sociali, medici e famosi pubblicisti - legittima
gli atteggiamenti dell'antisemitismo militante, impegnati
nelle agitazioni di piazza.
Ecco perché, vista dall'angolazione delle rampe di selezione
di Auschwitz-Birkenau, la cultura europea non può rivendicare
patenti di immunità o di innocenza. La cultura politica antisemita
ha agito semmai da amplificatore di giudizi e atteggiamenti
antiebraici, che settori consistenti di intellettuali europei avevano
elaborato al chiuso dei loro studi.
Sul piano storiografico bisogna allora chiedersi se il nazismo non
potesse presentarsi quale erede di determinati filoni e atteggiamenti
culturali e «scientifici», ampiamente diffusi nella cultura europea
dei decenni precedenti.
Il libro
Indagare «l’antisemitismo dei colti» in europa prima del nazismo significa compiere un decisivo salto d’analisi nella storicizzazione della Shoah.
Una piú esatta comprensione della Shoah è possibile indagando l’universo ideologico dell’antisemitismo. Il fondamento di questa cultura politica antipluralista e ostile ai sistemi politici liberali, è rintracciabile nel tentativo di costruire una serie di stereotipi – dall’ebrea seducente, sessualmente perversa e incline alla prostituzione all’ebreo nevrotico, e dunque rivoluzionario – capaci di determinare un’immagine differenziata dell’ebreo. La differenziazione tocca il culmine nell’associare l’ebreo agli animali nocivi (ratto, iena, pidocchio ecc.): una differenziazione che fornirà il bagaglio culturale necessario ai nazisti per programmare la loro politica di sterminio.
Il dato storiografico e teorico-politico sconcertante è che questa strategia di differenziazione ha registrato il contributo significativo di voci e discipline della cultura europea, dalla narrativa alla psichiatria.
È dunque il caso di interrogarsi se, oltre all’«antisemitismo degli antisemiti» nell’Europa precedente il nazismo non sia stato attivo anche l’«antisemitismo dei colti», impegnato, dall’alto di un’equivoca neutralità scientifica, a suggerire suggestioni e spunti in materia di stereotipi che poi l’antisemitismo militante e plebeo rielaborava e diffondeva nella sua vasta pubblicistica e nelle sue agitazioni.