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Moni Ovadia affronta una delle questioni piú controverse del nostro tempo: il rapporto tra fanatismo religioso, fondamentalismo e razzismo. Attraverso l'analisi di testi sacri e sapienziali, ma anche attraverso storie tramandate oralmente, scopre e svela il valore antidolatrico della religione ebraica.
Il libro
Nel frastuono della città, nella confusione dei messaggi, e dei troppi consumi, è possibile oggi mettersi di nuovo all’ascolto della voce interiore che parlò ad Abrahamo, e gli disse di distruggere gli idoli e di «andare a se stesso», di lasciare ogni cosa e «andare nel deserto»? Già, e che cosa è oggi un «deserto»? Moni Ovadia risponde che sí, è possibile ascoltare quella voce.
Anzi, è necessario. Per sentirla non bisogna nemmeno lasciare il mondo, bisogna invece dargli senso. E propone, con la grazia sorridente del cantastorie e del saltimbanco, come egli stesso si definisce, una via stretta, ma alla portata di ciascuno, per conquistare la condizione di libertà permanente, di «santificazione» della vita quotidiana che rappresenta l’eredità forse piú sconvolgente e vitale che la tradizione dell’ebraismo possa regalare a tutti gli uomini. Quello che ancora oggi non si perdona agli ebrei: il monoteismo, ovvero la scoperta di poter essere tutti uguali (e liberi) di fronte a un unico Dio. Liberi persino di metterne ai voti l’esistenza, come racconta Ovadia in una incantevole storiella rabbinica…
«Questo piccolo libro ha un sogno: rompere un pregiudizio. Ma quand’anche gli riuscisse solo di aprire una piccola crepa in quel pregiudizio, il suo soldo sarebbe stato pagato».
Moni Ovadia