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Contrappunto
Don DeLillo sceglie una prospettiva inusuale per parlare con la consueta lucidità di temi a lui da sempre cari: la vita dell'artista, la natura solitaria del processo di creazione, il carattere ossessivo e perciò incontrollato dell'arte in divenire.
Il libro
«Nelle culture antiche, il solitario è una figura maligna. Minaccia il benessere del gruppo. Noi però lo conosciamo perché lo incontriamo, in noi stessi e negli altri. Vive in contrappunto, una sagoma in sbiadita lontananza. Ecco ciò che è: persistentemente solo».
Don DeLillo sceglie una prospettiva inusuale per parlare con la consueta lucidità di temi a lui da sempre cari: la vita dell’artista, la natura solitaria del processo di creazione, il carattere ossessivo e perciò incontrollato dell’arte in divenire. Lo fa accostando prodotti di diversi linguaggi espressivi – quello cinematografico, quello letterario e quello iconografico – e lasciando che dialoghino fra loro.
I tre film (Atanarjuat, Trentadue piccoli film su Glenn Gould e Thelonius Monk: Straight No Chaser) disegnano così una costellazione che include il libro (Il soccombente di Thomas Bernhard) e la fotografia (un vecchio scatto che ritrae Thelonius Monk, Charles Mingus, Roy Haynes e Charlie Parker) e si accende di significato grazie alla lettura che ci offre DeLillo.